
L’Europa è una potenza nella produzione farmaceutica, ma la sua indipendenza è solo apparente. Oggi il 48% dei principi attivi utilizzati per produrre i medicinali proviene dall’estero, così come il 60% degli intermedi chimici e addirittura l’85% delle materie prime regolamentate. Lo rivela il decimo Rapporto Egualia–Nomisma, presentato recentemente a Roma, che denuncia la vulnerabilità del sistema sanitario europeo in un contesto globale segnato da dazi, guerre e crisi logistiche.
Un equilibrio fragile tra crisi e geopolitica
“A partire dagli anni ’80 — spiega il report — l’Europa ha delocalizzato la chimica di base verso aree a basso costo del lavoro e con minori vincoli ambientali”. Il risultato? Una iper-dipendenza geografica che espone il Vecchio Continente a rischi enormi: un solo evento climatico, un blocco portuale o una decisione politica improvvisa potrebbero interrompere le forniture di farmaci salvavita. Nel pieno della guerra dei dazi scatenata da Trump, lo scenario diventa ancora più critico.
Nomisma: “Serve una nuova agenda industriale per i farmaci critici”
Lucio Poma, capo economista di Nomisma, invita a “fare presto”: servono nuovi impianti produttivi in Europa, sostenibili nel lungo periodo, e una revisione urgente delle politiche di prezzo, rimborso e acquisto pubblico. Solo così l’Europa potrà garantire la produzione autonoma di medicinali strategici e proteggere il proprio sistema sanitario.
L’Italia in prima linea, ma il rischio è concreto
La terza economia dell’Ue vanta impianti produttivi tra i più avanzati d’Europa — una risorsa industriale e strategica per l’intero continente. Ma il presidente di Egualia, Stefano Collatina, avverte: “Se non cambiamo rotta, i farmaci prodotti in Italia potrebbero presto non essere più destinati al mercato interno. Le aziende smetteranno di investire e sposteranno altrove la produzione. Sarebbe una perdita irreparabile per la sicurezza nazionale”.