La miopia dell’Asia

La miopia del continente

Uno studio del 1983 condotto nell’isola di Taiwan ha evidenziava che circa il 70% dei diplomati e delle diplomate aveva bisogno degli occhiali o delle lenti a contatto. Oggi il dato ha superato l’80%.

Negli ultimi decenni la miopia è aumentata moltissimo in tutta l’Asia orientale e non solo. Da uno studio su diplomati solo maschi a Seoul è emerso che il 97% era miope. Seguono con poco distacco Hong Kong e Singapore.

Pur avendo i dati peggiori, però, l’Asia orientale non è sola. Per l’America e l’Europa non si dispone ancora di numeri affidabili, ma secondo una sintesi del 2015 il tasso europeo si aggirava tra il 20 e il 40%, un ordine di grandezza superiore alla percentuale che gli addetti ai lavori considerano “naturale”.

In genere la miopia è un inconveniente costoso e permanente. La forma grave, però, può sfociare nella perdita della vista. Un articolo pubblicato nel 2019 concludeva che ogni peggioramento di una diottria (si tratta dell’unità di misura della capacità di messa a fuoco del cristallino) era associato a un aumento del 67% della maculopatia miopica, disturbo incurabile che causa cecità.

In alcune zone dell’Asia orientale il 20% dei giovani ha una miopia grave, pari cioè a -6 diottrie o peggio. Numeri che hanno catalizzato l’attenzione delle autorità. Nel 2018 il presidente cinese ha dichiarato priorità nazionale il controllo della miopia infantile. Anche i governi di Taiwan e Singapore stanno cercando di prendere provvedimenti.

Nella maggior parte dei casi il difetto è causato da una malformazione del bulbo oculare. Un occhio che funziona correttamente indirizza la luce sulla retina, la superficie fotosensibile in fondo al bulbo oculare. In un occhio miope, invece, la distorsione è tale da indirizzare la luce in prossimità della retina. I miopi vedono bene da vicino, mentre gli oggetti lontani sono sfocati. E il disturbo è progressivo.

Per decenni i ricercatori hanno pensato che fosse di natura perlopiù genetica. Secondo l’attuale ipotesi dominante, invece, la principale variabile è l’esposizione alla luce del giorno. Dall’evidenza empirica emerge che il tipo di attività non sembra influire. L’importante è stare alla luce naturale.

La teoria combacia con i dati. Spiega perché anche la miopia, come il diabete e la cardiopatia, rientra nelle cosiddette malattie del benessere – più diffuse nei paesi ricchi – visto che alla crescita economica si accompagnano più istruzione e quindi più tempo al chiuso. Spiega inoltre perché l’incidenza è maggiore soprattutto in Asia orientale, dove il sistema di istruzione prevede molte più ore di studio rispetto ai paesi occidentali.

L’esposizione alla luce intensa sembra stimolare nella retina la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che a sua volta contribuisce a regolare la velocità di crescita dell’occhio. Se scarseggia, l’occhio diventa troppo lungo per mettere a fuoco correttamente.

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