Guerra degli stadi

Scontro sulla finale sugli europei di calcio. Ma Londra rilancia: 60 mila a Wembley. Merkel con Draghi: “Uefa sia cauta”. Anche l’Oms mette in guardia sui rischi

Guerra degli stadi
Lo stadio londinese di Wembley

Le semifinali e la finale degli Europei di calcio non solo si terranno a Londra come previsto, ma sugli spalti di Wembley potrà accedervi una folla come non si vedeva da 15 mesi: fino a 60 mila persone, invece delle 40 mila consentite al massimo finora. Il Regno Unito tira dritto, d’intesa con l’Uefa, nonostante il rimbalzo di contagi Covid alimentato dalla variante Delta importata dall’India.

Ma la prospettiva di rivedere lo stadio londinese quasi pieno inquieta alcune cancellerie europee, con Angela Merkel in prima fila, ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità: chiedono al governo di Boris Johnson e alle autorità calcistiche continentali di agire con senso di responsabilità.

A lanciare per primo l’allarme era stato lunedì il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, il quale da Berlino aveva evocato apertamente l’opportunità di trasferire la finale di Euro2020 da Londra in qualche altra città. Magari Roma. O, forse, Budapest. Un'ipotesi subito scartata dalla Uefa e rigettata da Downing Street.

Il problema sono però i dati sui contagi, risaliti Oltremanica a oltre 11 mila nelle ultime 24 ore. Un’impennata che non si riflette nella stessa misura sui ricoveri o sui morti quotidiani (comunque tornati ai livelli d'inizio maggio, a quota 27) grazie all'effetto di una campagna di vaccini giunta alla soglia dei 75 milioni di dosi somministrate e di un 60% di popolazione adulta interamente immunizzata. E che tuttavia resta motivo di allerta, tanto da aver convinto le medesime autorità isolane a rinviare l’ultima tappa delle riaperture post lockdown dal 21 giugno a non prima del 19 luglio.

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