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Joseph Stiglitz, ex capo economista della Banca Mondiale è chiaro: “Se resta unita, l’Ue è un’economia più grande di quella statunitense”, ha detto in un’intervista a La Stampa. E aggiunge: “La Cina ha dimostrato che, quando si risponde con forza, Trump fa marcia indietro. Se cedi, invece, chiederà sempre di più”. La parola d’ordine è dunque una sola: fermezza.
Per Stiglitz, il nuovo attacco commerciale di Trump non ha basi economiche: “Non segue nessun principio. Usa il potere come leva, se potesse impiegherebbe anche quello militare”. Il tycoon ha annunciato dazi del 30% sull’Unione europea. La risposta? “Nessuna resa”.
L’Ue deve rispondere – nella visione di Stiglitz - con “misure economiche equivalenti ma intelligenti, che non danneggino i consumatori europei”. Una possibilità? “Tassare i profitti delle multinazionali Usa per compensare i danni economici”.
D’altronde, la razionalità dell’azione degli Stati Uniti è nella creazione di un disordine internazionale in cui la scena è occupata da chi colpisce per primo e più forte. Una specie di riedizione di un antico detto romanesco “Chi mena pe’ pprimo mena du’ vorte”, che ha dettato legge a lungo specialmente nelle periferie della capitale.
D'altronde – come evidenzia l’economista Mario Pianta su ‘il Manifesto’ – “l’egemonia statunitense è tramontata e le buone maniere non servono a riportarla in vita. Non a caso la strategia Usa mette in primo piano il ritorno della guerra. C’è l’attacco all’Iran, il sostegno allo sterminio realizzato da Israele, la continuazione del conflitto in Ucraina”.
“Qualche vantaggio concreto gli Usa riescono così a ottenerlo – sottolinea Pianta -. Nel 2024 le vendite di armi all’estero sono state di 120 miliardi di dollari, con la guerra in Ucraina le vendite all’Europa sono aumentate del 233% (dati Sipri del 2020-2024 rispetto al periodo 2015-2019) e gli Stati uniti controllano ora il 43% dell’export mondiale di armamenti. Sul fronte commerciale, a giugno i nuovi dazi hanno portato 100 miliardi di dollari al governo federale, il 5% di tutte le entrate fiscali, e il deficit commerciale Usa è sparito. Ma non sono queste le misure che potranno rimettere in piedi l’economia Usa”.
Il punto è che l’inquilino della Casa bianca andrebbe colpito non sul whisky ma sul software, non sui Levi’s ma sulla finanza. Alcune misure sono possibili: ad esempio – nell’ottica di Pianta – “tassare le esportazioni di servizi Usa verso l’Europa, imporre alle piattaforme digitali statunitensi di pagare le tasse in Europa, affermare come standard internazionali le regole europee sulla protezione dei dati digitali, sull’intelligenza artificiale e sulla transizione verde”.
D’altronde – come chiarisce Stiglitz - “il mondo sta cambiando. L’Asia, l’Africa e l’America Latina sono i mercati del futuro. Gli Usa stanno perdendo centralità economica, anche per le loro scelte contro scienza e tecnologia. Le imprese guarderanno altrove”.