Il problema sono i ricercatori italiani in fuga verso altri paesi o l’incapacità del nostro paese di attrarre talenti dall’estero?

In rapporto al Pil l’Italia spende l’1,4% nella R&S, a fronte dell’1,7% del Regno Unito, del 2,2% della Francia, e del 3,1% della Germania

Il problema sono i ricercatori italiani in fuga verso altri paesi?

I giovani ricercatori italiani si confermano un’eccellenza internazionale. Anche nell’ultima tornata di finanziamenti europei per la ricerca - gli Erc starting grants, destinati a premiare chi ha finito il dottorato al massimo da 7 anni - i giovani scienziati italiani sono secondi solo ai tedeschi.

In palio in tutto ci sono 636 milioni di euro da suddividere fra 408 progetti di ricerca provenienti da tutto il mondo: l’importo medio è di 1,5 milioni. Tuttavia, mentre la Germania trattiene la maggior parte dei talenti in casa propria, l’Italia ne regala (si fa per dire) la metà ai laboratori esteri. Il problema, in realtà, è l’incapacità di attrarre validi ricercatori dall’estero piuttosto che trattenere quelli italiani all’interno del paese.

Al momento, il risultato è che l’Italia si classifica solo al sesto posto come destinazione finale dei fondi europei. Conseguenza inevitabile del sotto finanziamento cronico della ricerca nello Stivale: in rapporto al Pil spendiamo in questo ambito l’1,4%, a fronte dell’1,7% del Regno Unito, del 2,2% della Francia, e del 3,1% della Germania.

Come tutti gli anni, in cima alla classifica si piazzano i ricercatori tedeschi che ottengono il via libera per 70 progetti , più di un sesto del totale. Al secondo posto ci sono gli italiani (41), al terzo gli israeliani (30), al quarto gli olandesi (28), francesi e inglesi rispettivamente solo quinti e sesti. Un risultato significativo, quello dell’Italia, tanto più se si considera che mentre noi abbiamo un dottore di ricerca ogni mille abitanti, ad esempio Francia e Olanda ne hanno il doppio.  

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