Perché le aziende tedesche non possono lasciare la Cina

Dipendenza dalle materie prime, investimenti record e un mercato immenso: per l’industria tedesca “de-risking” non significa abbandono

Perché le aziende tedesche non possono lasciare la Cina

Per decenni la Cina è stata il partner commerciale più strategico della Germania. Nonostante tensioni geopolitiche e pressioni politiche, molte imprese continuano a considerarla irrinunciabile. Un esempio è Tradium, società di Francoforte leader nelle terre rare: secondo l’amministratore delegato Matthias Rüth, “la Cina copre oltre il 95% del mercato. Semplicemente, non può essere sostituita”.

 

Politica e rischio geopolitico non cambiano la realtà del mercato

Berlino oggi parla apertamente di “de-risking” per ridurre la dipendenza da Pechino. Ma lo stesso governo ammette che il dialogo resta essenziale. Il ministro delle Finanze Lars Klingbeil, in visita a Pechino, ha ribadito che la Germania deve “parlare con la Cina, non della Cina”. Anche perché il gigante asiatico è tornato ad essere il primo partner commerciale tedesco, con scambi per 185,9 miliardi di euro tra gennaio e settembre 2024.

Investimenti ancora in crescita

Nonostante le tensioni, la Germania non sta lasciando la Cina — anzi. Un’analisi del Mercator Institute for China Studies mostra che gli investimenti diretti tedeschi rappresentano il 57% del totale UE, pari al 2,3% del PIL tedesco. E sono ancora in aumento: +1,3 miliardi tra 2023 e 2024.

L’automotive: il nodo più delicato

Il settore auto è il simbolo di questa interdipendenza. BMW, Mercedes e Volkswagen hanno costruito fortune in Cina e continuano a investire. Solo BMW ha annunciato 3,8 miliardi di euro per un nuovo progetto batterie a Shenyang, confermando che non prevede un ridimensionamento.
Ma la concorrenza cinese sui veicoli elettrici sta erodendo rapidamente le quote di mercato delle aziende tedesche, mentre Berlino denuncia pratiche industriali “non eque”.

De-risking sì, ma senza chiudere i mercati

Le imprese tedesche stanno diversificando, ma con cautela. La VDA — l’associazione dell’industria automobilistica — avverte che ridurre il rischio deve essere “politicamente possibile” e non trasformarsi in un isolamento commerciale: “la politica migliore è rafforzare competitività e innovazione, non erigere barriere”.

Materie prime: la dipendenza più difficile da eliminare

Per chi importa terre rare, come Tradium, la Cina resta quasi obbligatoria. Le recenti restrizioni cinesi alle esportazioni hanno colpito anche i fornitori interni al Paese e messo in difficoltà le aziende europee. “Non è una scelta ideologica né politica — spiega Rüth — ma di mercato. Le nostre catene di approvvigionamento non possono essere replicate altrove, almeno non rapidamente”.

La realtà quotidiana delle imprese tedesche

Molte aziende stanno esplorando forniture alternative, ma sanno che la transizione richiederà anni. Con un mercato cinese da centinaia di miliardi, investimenti consolidati e una dipendenza strategica dalle materie prime, l’industria tedesca può ridurre il rischio — ma non può tagliare i ponti.

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