Berlino ambigua nella guerra dei dazi. È ora di scegliere tra Trump e Xi Jinping

La Germania in bilico tra la fedeltà all'alleato atlantico e le attrattive economiche della Cina. Aumenta la pressione interna sulla cancelliera affinché rompa gli indugi e si sganci dall'abbraccio con Pechino

Berlino ambigua sui dazi. È ora di scegliere tra Trump e Jinping

La Merkel maestra di equilibrismo, la Merkel che non si schiera mai per una scelta netta e dirimente, perché potrebbe scontentare qualcuno, la Merkel regina del Situationsvernunft, il “buon senso situazionale” che le fa fiutare l'opzione più gradita all'elettorato. Ora forse questo tratto paradigmatico della personalità – e della politica – della cancelliera tedesca potrebbe essere giunto al capolinea. O subire quantomeno un forte scossone, e proprio nell'area su cui Frau Merkel ha espresso le sue arti negoziali migliori, la geopolitica. Il posizionamento ambivalente della Germania, da una parte principale alleato europeo degli Usa e dall'altra in continuo ammiccamento all'altra grande potenza in campo, la Cina, non è più sostenibile.

Proprio nel mezzo della guerra commerciale tra Washington e Pechino, in Germania ci si è resi conto di essersi troppo esposti a favore della Cina, la quale non esita a prendere più spazio possibile. Se ne sono accorti gli imprenditori, prima fautori della stretta integrazione industriale con i cinesi – spalleggiati dalla Merkel - e ora invece in allarme. La Confindustria tedesca scopre che, sì, è bello interagire con il più grande mercato del mondo e con il loro sterminato parco produttivo ma... Ma c'è da sottostare alle loro regole, spesso fuori dalla prassi internazionale, c'è da faticare per arginare la loro pressione e c'è da preoccuparsi per il boom dell'interscambio con la Cina: il Dragone da tre anni ha scalzato gli Stati Uniti quale primo partner commerciale con la Germania, con un interscambio di quasi 200 miliardi di euro.

La Germania, cioè, si è accorta di essere quasi “ostaggio” della progressiva espansione cinese. È un silente “sequestro economico” di cui i cinesi sono bravissimi, vedi il caso Africa, continente diventato quasi una colonia del colosso asiatico. Lo sa anche la Casa Bianca, preoccupatissima dello spostamento verso est del suo maggior alleato europeo. E ora l'allarme è salito di livello. Il governo di Berlino per la prima volta, con una propria struttura d'investimento, la KfW, è sceso in campo e ha bloccato un'offerta cinese sulla società tedesca 50Hertz, da parte della SGCC, la compagnia elettrica cinese, la più grande al mondo.

Sotto la pressione degli Usa, un nuovo braccio di ferro è iniziato. E Trump non è tipo da tergiversare: c'è lo spettro dei dazi, sia quelli diretti sulle auto tedesche prodotte in patria, sia quelli, non meno devastanti, sugli interessi tedeschi in Cina. La Merkel è tirata per una delle sue giacchette verdi da Washington e da un crescente numero di maggiorenti in Patria. Forse stavolta, al suo quarto e finale mandato, non potrà esimersi dal fare una vera scelta di campo.

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