
Negli ultimi sei anni le famiglie italiane hanno visto ridursi ciò che riescono realmente ad acquistare con il proprio reddito. Anche se le spese nominali sono aumentate rispetto al 2018, l’inflazione ha fatto il resto: oggi con la stessa cifra si compra di meno.
Secondo l’Istat, la spesa media reale delle famiglie nel 2024 è inferiore del 7,2% rispetto a prima della pandemia e dell’impennata del costo della vita.
I più colpiti? Le famiglie del ceto medio
Il calo non pesa su tutti allo stesso modo. Le famiglie a reddito medio-basso (tra il secondo e il quarto quinto) registrano i crolli peggiori:
- -8,1% nel secondo quinto,
- -8,5% nel terzo,
- -9,2% nel quarto.
Anche chi spende meno (il 20% più povero) ha perso il 7,4% del potere d’acquisto, mentre i più ricchi limitano la contrazione al 4,7%.
Quando il necessario costa di più
Le famiglie con redditi bassi dedicano la maggior parte del budget a beni essenziali – alimentari, energia e bollette – le voci che più hanno visto aumenti vertiginosi. Chi ha consumi più elevati, invece, spende di più in servizi e beni non essenziali, come viaggi o istruzione privata, che hanno subito rincari più contenuti.
Risultato: il divario sociale cresce, e il ceto medio rischia di essere schiacciato tra inflazione e stagnazione dei salari.
Un Paese che spende… ma vive peggio
Nonostante il calo dei consumi reali, la spesa totale continua a crescere nominalmente. Un paradosso che racconta bene la nuova normalità italiana: si lavora di più, si spende di più, ma si vive peggio. L’inflazione non è più solo una statistica economica: è diventata la misura quotidiana della distanza tra il reddito e la qualità della vita.