
La Shanghai Cooperation Organization (Sco), che Xi Jinping ha guidato nei giorni scorsi al vertice di Tianjin, è nata nel 2001 come un’alleanza regionale che all'epoca includeva Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan e pesava appena il 5% del Pil mondiale. Oggi, con l’ingresso di India, Pakistan, Iran e Bielorussia, vale quasi un quarto dell’economia globale: il 24,7% del Pil.
La forza di Pechino e i limiti degli scambi interni
La crescita della Sco riflette soprattutto l’ascesa cinese e indiana. Ma dietro l’apparente compattezza emergono squilibri. Gli scambi interni all’area valgono circa 700-900 miliardi di dollari l’anno, mentre solo la Cina commercia con Ue (730 miliardi) e Usa (582 miliardi) più di quanto faccia l’intera Sco al suo interno.
Russia ridimensionata, India in rincorsa
Nel 2001 la Russia godeva ancora di un certo prestigio, con un reddito pro capite doppio rispetto a quello cinese. Oggi i rapporti si sono ribaltati: Pechino ha un Pil nove volte superiore a Mosca e un reddito medio ormai quasi allineato. L’India, pur in forte crescita, resta distante: i cinesi guadagnano in media cinque volte più degli indiani.
Multipolarismo o dominio cinese?
La Sco ama definirsi un’organizzazione multipolare, ma nei fatti è la Cina a dettare i tempi. Mosca gioca un ruolo subalterno, mentre l’India resta un partner ambivalente, spesso vista da Pechino come troppo vicina a Washington. Sullo sfondo, resta l’antagonismo strategico con gli Stati Uniti, collante principale dell’asse Xi-Putin.