Turchia, vola l’industria della difesa grazie all’export: siglati contratti con 185 Paesi

I droni turchi superano quelli statunitensi e cinesi

Vola l’industria della difesa grazie all’export
TB2

L’industria della difesa turca ha superato nel 2023 la cifra record di 10 miliardi di dollari di contratti per l’export di armi. Una somma che certifica la crescita costante di un settore su cui il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha puntato forte.

A rendere noto il dato Haluk Gorgun, capo dell’Agenzia dell’industria della difesa. Solo nel 2002, anno in cui Erdogan divenne premier, l’export delle armi turche era fermo a 248 milioni di dollari. In venti anni la cifra è passata a 4.36 mld di fatturato, diventati 5.5 nel 2023.

L’export è legato a contratti di fornitura per 230 tipi di armi e munizioni siglati con 185 Paesi. Fiore all’occhiello dell’industria della Difesa turca sono i droni da combattimento prodotti dall’azienda Baykar, velivoli senza pilota progettati da Selcuk Bayraktar, brillante ingegnere con studi negli Usa che ha sposato la figlia minore del presidente Erdogan.

Ultimo Paese a garantirsi i droni da combattimento TB2 - i più venduti al mondo - è stato l’Egitto. Un’intesa annunciata pochi giorni fa, che blinda la normalizzazione dei rapporti tra Ankara e il Cairo. Ma sono sempre di più Paesi Nato come la Slovacchia, Romania e la Polonia che hanno ordinato e ricevuto i velivoli da combattimento.

I TB2 sono lunghi 6.5 metri, hanno un’apertura alare di 12 metri e un peso di 650kg. Rimangono in volo fino a 27 ore e raggiungono la velocità di 220 chilometri orari. Difficilmente leggibili dai radar, fino a ora sono stati capaci solo di colpire obiettivi a terra. I componenti di questi droni – il cui prezzo unitario comprensivo di munizioni e formazione si aggira intorno ai 15 milioni di dollari - erano all’inizio prodotti in Germania, Canada e Usa, ma ora il 93 per cento viene realizzato in Turchia.

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