I sindacati britannici devono riformarsi per provare a invertire il declino degli iscritti

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I sindacati in Italia e in Europa stanno perdendo iscritti da molti anni. I motivi sono sia esogeni che endogeni. I primi sono collegati al crescente distacco degli europei e, in particolare, dei giovani dalla politica e dalle Istituzioni, oltre all'invecchiamento demografico. I secondi riguardano l'incapacità, da parte di tutte le forze sindacali, di intercettare le forme di lavoro alternative al contratto di lavoro dipendente emerse a partire dalla fine degli anni '90. Che piacciano oppure no, esistono altre tipologie contrattuali che aspettano ancora oggi adeguate tutele e normative di riferimento. Ma l'elemento più importante forse è un altro. Ovvero, la difficoltà di proporre un modello contrattuale e, soprattutto, un modello di relazioni industriali più efficace. Nel frattempo il mondo cambia, quanto poi si condivida questo mutamento è un fatto soggettivo, mentre è oggettiva la mancanza di idee innovative nelle rappresentanze sindacali. Non sono giunte in questi anni proposte per un dialogo sociale capace di interpretare l'attuale fase storica, a cominciare dai "contratti flessibili". E non è una buona notizia per le relazioni industriali. Oltre ad essere stata storicamente importante, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori, infatti, è determinante soprattutto nella contrattazione collettiva nazionale. Non per caso è stata proprio quest'ultima a far sì che, durante la recessione, la riduzione dell'occupazione nell'UE non sia stata così violenta come sarebbe potuta essere.
I sindacati britannici devono riformarsi
Lavoratori iscritti ad un sindacato e disuguaglianza del reddito nel Regno Unito dal 1900 al 2010

I sindacati britannici sono stati avvertiti. Se non si riformano sarà difficile per loro gestire il declino degli iscritti. Lo scrive nero su bianco in un rapporto il think-tank Fabian Society e il sindacato Community.

Da un lato, le industrie a più rapida crescita mostrano bassi livelli di adesione, dall’altro lato, il potere contrattuale dei lavoratori è minacciato dall'innovazione tecnologica e dalla crescita della gig economy.

La quota della forza lavoro nel settore privato membro di un sindacato si è attestata al 13 per cento nel 2016, pari a 2,6 milioni di lavoratori. Quasi la metà del totale degli iscritti nel 1979. Al contrario, il settore pubblico registra una riduzione ma partendo da livelli decisamente più alti: dal 69% al 53% con 3,6 milioni di membri l’anno scorso. Il livello medio nazionale degli iscritti corrisponde a meno di un quarto di tutti i lavoratori.

Resta aperta la sfida più difficile. Cioè recuperare iscritti nei settori dove la rappresentanza è minore e la crescita economica settoriale maggiore. Ad esempio, l’hospitality (bar, ristoranti e hotel) è uno dei tre settori che cresce rapidamente, ma la densità associativa è pari al 2,5%.

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