Powell contro Trump: “I dazi bloccano i tagli ai tassi. Così il debito Usa è una bomba”

Al Forum delle banche centrali di Sintra, Fed e Bce alzano il muro contro il populismo economico: Powell punta il dito sui dazi, Lagarde affonda le stablecoin. E il dollaro trema

Powell contro Trump: “I dazi bloccano i tagli ai tassi. Così il debito Usa
Jerome Powell

Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, rompe gli indugi e svela il vero motivo per cui i tassi Usa restano alti: i dazi voluti da Donald Trump. “Se non ci fossero stati, probabilmente avremmo già tagliato”, ha ammesso Powell, sottolineando che l’impatto sulle stime di inflazione ha imposto prudenza. La Fed, sotto pressione da mesi, rimanda ancora: “Non so se luglio sia troppo presto, bisogna attendere dati più chiari”. Intanto, il debito Usa cresce su una traiettoria definita “insostenibile”. Altro che “Big Beautiful Bill” promesso da Trump.

Debito fuori controllo: “Sostenibile? Sì. Ma non per molto”

Powell si smarca dalle provocazioni dell’ex presidente Usa – che lo ha definito “stupido” per non aver abbassato i tassi – e rilancia un messaggio più ampio: “Il debito americano è oggi sostenibile, ma va corretto urgentemente, prima che sia troppo tardi”. Il rischio? Una crisi di fiducia sul dollaro e sull’intera struttura fiscale degli Stati Uniti. E mentre Wall Street aspetta il prossimo taglio, a Sintra si parla già della successione alla guida della Fed: occhi puntati su Scott Bessent.

Lagarde all’attacco: “No alla moneta privata di Trump”

Christine Lagarde, presidente della Bce, non resta a guardare. E lancia un doppio affondo: contro il rischio di un “declino del dollaro” già nel 2025 e contro le stablecoin, la “moneta privata” cara al tycoon americano. “L’Europa deve prepararsi a difendere la sovranità monetaria – afferma – con riforme, unione dei capitali e un euro digitale all’altezza della sfida”. La privatizzazione del denaro? “Una minaccia alla stabilità finanziaria globale”, avverte.

L’euro corre, il dollaro crolla: il nuovo rischio per l’export europeo

Con il cambio euro/dollaro risalito a quota 1,18 (contro la parità attesa pochi mesi fa), l’effetto Trump si fa sentire anche in Europa. Il mini-dollaro rappresenta un doppio taglio: da una parte penalizza le imprese esportatrici europee, dall’altra rallenta l’inflazione importata. Fino a 1,20 il rischio è gestibile – dicono da Francoforte – ma oltre quella soglia si complica tutto. I dazi del 10% che Trump vuole imporre potrebbero aggravare il quadro, soprattutto se colpiranno anche le Big Tech in Europa.

Bce cauta, ma l’euro digitale avanza

Nel breve termine, la Bce ha già fatto il grosso del lavoro: quasi due punti percentuali di tagli in un anno. E ora prende tempo. “Nessun impegno sui prossimi tassi – ha detto Lagarde – decideremo meeting dopo meeting”. Ma dietro la prudenza si intravede una strategia: quella di un’Europa che si vuole àncora di stabilità in un mondo in frammentazione. E che, mentre Trump flirta con le criptovalute private, punta tutto sulla versione pubblica: l’euro digitale.

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