Gli Usa pagano 750 miliardi l’anno solo di interessi sul debito pubblico (che è ora a 36.500 mld)

A giugno l’inflazione negli Stati Uniti è salita al 2,7%. A pesare sono i dazi voluti da Trump, che ora attacca Jerome Powell con l’obiettivo, tra gli altri, di ridurre il costo esorbitante del debito pubblico a stelle e strisce. Ma per gli analisti il peggio deve ancora arrivare

750 miliardi l’anno solo di interessi sul debito pubblico

L’effetto dazi inizia a farsi sentire sui prezzi al consumo. A giugno l’inflazione statunitense ha registrato un aumento del 2,7% su base annua, in accelerazione rispetto al +2,4% di maggio. Il dato, diffuso dal Dipartimento del Lavoro, era atteso dagli economisti ed è risultato lievemente sotto il consensus.

Aumenti su giocattoli, mobili, elettrodomestici

A trainare il rialzo dei prezzi sono soprattutto i beni soggetti a tariffe doganali. Giocattoli, mobili, attrezzature sportive ed elettrodomestici mostrano gli aumenti maggiori, segno che le aziende iniziano a scaricare i costi delle nuove tariffe sui consumatori.

Walmart suona l’allarme

È stato Walmart, colosso americano della distribuzione, ad annunciare già a maggio che avrebbe aumentato i prezzi a causa delle politiche protezionistiche di Trump. Il CFO, John David Rainey, ha definito l'impatto dei dazi “senza precedenti”, pur sottolineando che i consumatori non stanno ancora pagando il conto pieno della guerra commerciale.

Trump rincara la dose: dazi al 30% su UE e Messico

Nel frattempo, l'amministrazione Trump ha alzato il livello dello scontro, annunciando dazi fino al 30% sui prodotti importati da Unione Europea e Messico a partire dal primo agosto. Un'escalation che promette nuove pressioni su prezzi e mercati.

Gli economisti: il peggio deve ancora arrivare

Citi prevede un’inflazione al 3,2% entro settembre. Tuttavia, molte aziende hanno anticipato le misure, accumulando scorte che stanno temporaneamente attenuando l'impatto. Gli analisti concordano su un punto: gli effetti più forti dei dazi si vedranno nei prossimi mesi.

La Fed attende, tra falchi e colombe

Il dato dell’inflazione non ha fugato i dubbi della Federal Reserve. L’approccio “wait and see” annunciato dal presidente Jerome Powell trova consenso nel FOMC (il comitato monetario): la maggior parte dei membri vuole aspettare prima di decidere un eventuale taglio dei tassi. Solo due spingono per un intervento immediato.

Trump attacca Powell: “Tagliate subito i tassi!”

Non si è fatta attendere la reazione del presidente Trump, che su Truth Social ha intimato alla Fed di tagliare subito i tassi. “Prezzi al consumo bassi. Abbassate i tassi adesso!!!” ha scritto, aggiungendo che un taglio da tre punti percentuali farebbe “risparmiare mille miliardi in un anno”.

Fed sotto pressione: il nodo dei tassi

Attualmente il tasso guida della Fed è al 4,5%, mentre gli Stati Uniti pagano 749 miliardi di dollari l’anno solo di interessi sul proprio debito pubblico, che ha raggiunto i 36.500 miliardi. Trump cerca di alleggerire il carico, ma la banca centrale non vuole farsi trascinare nella battaglia politica.

Dimon (JPMorgan) difende l’indipendenza della Fed

Jamie Dimon, CEO di JPMorgan, ha preso le difese della Fed, pur senza esprimersi sul taglio dei tassi. “L’indipendenza della banca centrale è fondamentale”, ha dichiarato, avvertendo che interferire con la Fed può portare a “conseguenze negative”. Un messaggio chiaro, diretto alla Casa Bianca.

Incertezza alta, mercati in attesa

In attesa della prossima riunione della Fed, prevista tra due settimane, i mercati scommettono su due tagli dei tassi entro la fine dell’anno. Ma tutto dipenderà dai prossimi dati sull’inflazione. E da come evolverà la guerra dei dazi.

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