Brexit: Theresa May presenta il piano di Londra. Sarà divorzio consensuale sul commercio?

L’obiettivo è un divorzio consensuale in tema di commercio. Ma all'Europa l'offerta dei tre panieri britannici non piace.

Brexit: Theresa May presenta il piano di Londra
Il premier britannico, Theresa May

Il governo britannico ha raggiunto una faticosa e non unanime intesa interna per una proposta da presentare all'Europa sulla Brexit, in particolare su uno dei punti che più sta a cuore a Londra: l'accordo di libero scambio. Ma anche il faticosissimo punto di equilibrio trovato nel Cabinet è destinato a infrangersi al No degli europei.

Theresa May si appresta a offrire i “three baskets” a Bruxelles. Nel primo paniere ci sono i settori commerciali rispetto ai quali Gran Bretagna e Unione europea sarebbero perfettamente “allineati”. Nel secondo le aree in cui ci sarebbe un allineamento non formale ma di fatto, sostanziale. E, infine, aree commerciali dove ci sarebbe totale divergenza.

A Londra già sanno che Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, e Michel Barnier, capo-negoziatore sulla Brexit per l'Ue, rigetteranno la proposta. E il numero dei motivi è lo stesso di quello dei panieri: tre.

Primo, perchè, istituendo aree divergenti, si intaccherebbe il principio della "parità di condizioni", dato che in quelle aree le imprese europee subirebbero la concorrenza sleale di quelle britanniche.

Secondo, l'Unione europea non vuole prevedere, ai fini della composizione degli eventuali dissidi, nessuna istanza giudiziaria terza che non sia la propria Corte di giustizia europea o le altre istituzioni interne competenti a dirimere controversie interne (la Commissione, il Consiglio, ecc). Perchè se si creasse una nuova Corte terza tra Ue e Regno Unito sarebbe molto complicato regolarne i rapporti con la Corte europea.

Infine, terzo possibile No: l'Ue non vuole introdurre un trattamento speciale per un paese fuori dai propri confini visto che questo “privilegio” sarebbe subito richiamato da decine di altri paesi che ambiscono a migliorare i propri accordi commerciali con uno dei mercati più ricchi del mondo.

Fonte
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