
Addio a Sebastião Salgado. Il maestro della fotografia documentaristica è scomparso il 23 maggio a Parigi.
Il respiro invisibile dell’Amazzonia
Salgado ha immortalato uno dei fenomeni più affascinanti e poco conosciuti dell’Amazzonia: i “fiumi volanti”. Queste correnti d’aria cariche di umidità, generate dalla traspirazione di miliardi di alberi, trasportano ogni giorno più acqua di quanta ne riversi il Rio delle Amazzoni nell’oceano.
A stupire è soprattutto la scala di tale fenomeno. Un albero di grandi dimensioni riesce a succhiare acqua fino a una profondità di 60 metri e a produrne fino a mille litri al giorno. E poiché tale processo si ripete per ciascun albero presente, ovvero tra le 400 e le 600 miliardi di volte, è facile comprendere come la foresta dell’Amazzonia produca un quantitativo d’acqua molto importante che, nel tempo, torna a ricevere. In realtà anche l’acqua che raggiunge la terra ferma a seguito dell’evaporazione dell’acqua salata è essa stessa presto riciclata dalla giungla in un processo tecnicamente noto con il nome di evapotraspirazione.
Un’eredità tra arte e impegno ambientale
Oltre a documentare la bellezza e la complessità della natura, Salgado ha agito concretamente per la sua tutela. Con la moglie Lélia Wanick, ha fondato l’Instituto Terra, un progetto di riforestazione che ha permesso di recuperare oltre 2.000 ettari di foresta in Brasile.
Un occhio sul mondo, un cuore per l’Amazzonia
La sua ultima grande mostra, “Amazônia”, ha raccontato per immagini la vita dei popoli indigeni e l’equilibrio climatico minacciato dalla deforestazione. Salgado ci ha lasciato un archivio di oltre 500.000 fotografie, ma soprattutto una visione: quella di un mondo più giusto e in armonia con la natura.