L’Amazzonia e i suoi fiumi volanti. Che rischiano di sparire (sia con Bolsonaro che con Lula)

Nonostante copra solo l’1% della superficie del pianeta, l’Amazzonia contiene quasi un terzo di tutte le foreste pluviali tropicali terrestri. E i suoi fiumi volanti influenzano i modelli climatici nell’intero pianeta. Il problema è che la distruzione dell’Amazzonia è regolata dal mercato, dall’offerta (più o meno legale) e dalla domanda. Fin tanto che la richiesta estera di legno e prodotti agricoli amazzonici sarà elevata, nessun presidente riuscirà probabilmente ad arrestare il processo.

L’Amazzonia e i suoi fiumi volanti. Che rischiano di sparire

La foresta amazzonica occupa una superficie di sei milioni di chilometri quadrati: due in più dell’Ue. Nonostante copra solo l’1% della superficie del pianeta, contiene quasi un terzo di tutte le foreste pluviali tropicali rimaste sulla Terra e ospita il 10% di tutte le specie di animali selvatici che conosciamo.

L’Amazzonia è vitale non solo per le popolazioni che dipendono dalla foresta pluviale per il cibo, l’acqua, il legno e le medicine, ma anche per il clima. Si calcola che racchiuda circa 76 miliardi di tonnellate di carbonio e che i suoi alberi rilascino fino a 20 miliardi di tonnellate di acqua nell’atmosfera ogni giorno, svolgendo un ruolo fondamentale nei cicli globali e regionali del carbonio e dell’acqua.

Una delle caratteristiche più straordinarie, e forse meno conosciute, della foresta pluviale dell’Amazzonia sono, infatti, i ‘fiumi volanti’ o ‘fiumi atmosferici’. Formandosi sopra la giungla amazzonica, questi ‘fiumi aerei’ carichi di umidità si estendono su gran parte del continente sudamericano. Gli scienziati hanno stimato che se ogni giorno dal Rio delle Amazzoni vengono riversate nell’oceano 17 miliardi di tonnellate d’acqua, nello stesso arco temporale dalla giungla se ne innalzano verso l’atmosfera, come detto, 20 miliardi da cui l’appellativo oceano verde, abbandonando così la regione amazzonica.

Tuttavia a stupire è soprattutto la scala di tale fenomeno. Un albero di grandi dimensioni riesce a succhiare acqua fino a una profondità di 60 metri e a produrne fino a mille litri al giorno. E poiché tale processo si ripete per ciascun albero presente, ovvero tra le 400 e le 600 miliardi di volte, è facile comprendere come la foresta dell’Amazzonia produca un quantitativo d’acqua molto importante che, nel tempo, torna a ricevere. In realtà anche l’acqua che raggiunge la terra ferma a seguito dell’evaporazione dell’acqua salata è essa stessa presto riciclata dalla giungla in un processo tecnicamente noto con il nome di evapotraspirazione.

Una ricchezza che andrebbe custodita con grande attenzione. Nel 2021 la distruzione delle foreste è invece rallentata ovunque tranne che in Brasile, dove si è intensificata da quando Jair Bolsonaro è diventato presidente, nel 2019. Il capo dell’esecutivo ha attenuato le norme sui terreni agricoli e ha consentito una maggiore deforestazione e un maggiore sfruttamento delle risorse naturali amazzoniche. Secondo i ricercatori, la foresta si sta avvicinando a un punto di non ritorno, superato il quale andrà persa.

“Perché le elezioni brasiliane ti riguardano”, era il titolo di un commento della giornalista brasiliana Eliane Brum sul quotidiano spagnolo El País. “Il risultato non avrà effetti solo per il Brasile, ma per il pianeta intero. Gli abitanti di tutto il mondo dovrebbero mettere queste elezioni al centro delle loro preoccupazioni”, perché “se Bolsonaro sarà rieletto, è bene che ci prepariamo ad assistere alla fine dell’Amazzonia”.

In realtà, l’Amazzonia è a rischio comunque, sia con Bolsonaro sia con Lula. La deforestazione va avanti da lungo tempo: ciò che è possibile imputare all’ex generale dell’Esercito è una rapida accelerazione del processo di autodistruzione. Il che certamente non è poco. Ma quel che si vuole qui evidenziare è che la distruzione dell’Amazzonia è regolata dal mercato, dall’offerta (più o meno legale) e dalla domanda. Fin tanto che la richiesta estera di legno e prodotti agricoli amazzonici sarà elevata, nessun presidente riuscirà probabilmente ad arrestare il processo. A meno che il nuovo governo non opterà per un drastico provvedimento legislativo.

Ma nel cuore verde del Sudamerica convergono così tanti interessi, e così tante multinazionali, che i poteri (legislativo, esecutivo, e giudiziario) della prima economia dell’America Latina sembrano una formica vicino a un elefante. Allo stesso tempo, non è facile intervenire come consumatori finali, perché gli stop all’import di determinati beni sono spesso facilmente aggirabili. Le difficoltà non mancano, ma la missione di salvare l’Amazzonia va comunque portata avanti, a qualunque costo.

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