Lavoro, la "legge schiavitù" che riporta l’Ungheria agli anni ‘60

Da giorni continuano le proteste contro la legge sugli straordinari che innalza il tetto a 400 ore annue e da la possibilità alle imprese di pagarli entro 3 anni. Situazione paradossale: la disoccupazione è modesta e la manodopera scarseggia, ma le frontiere sono chiuse agli immigrati e i salari restano molto bassi

Lavoro, la "legge schiavitù" che riporta il paese agli anni ‘60
Manifestazioni di protesta a Budapest

Da giorni sindacati e lavoratori ungheresi manifestano contro la legge sugli straordinari che innalza il tetto a 400 ore annue e da la possibilità alle imprese di pagarli entro tre anni. Una misura che comporta una settimana lavorativa di sei giorni o più di dieci ore quotidiane per cinque giorni. Gli straordinari saranno facoltativi, ma è difficile che i lavoratori si oppongano a richieste di lavoro aggiuntivo per timore di essere licenziati.

Secondo Károly György, responsabile delle politiche europee della Maszsz, Confederazione dei Sindacati Ungheresi, intervistato da “Il Manifesto”, è evidente che questa legge finisce per schiavizzare i lavoratori, mettendoli in uno stato di subordinazione definitiva rispetto al datore di lavoro, e riporta il paese agli anni Sessanta quando si lavorava anche il sabato”.

La situazione creatasi in Ungheria ha qualcosa di paradossale. Il tasso di disoccupazione è molto basso, circa 3,7%, ma sono inclusi i lavoratori precari e quelli che lavorano all’estero, e c’è scarsità di manodopera. Ma le frontiere sono state chiuse agli immigrati e le retribuzioni restano molto basse: il salario medio netto è pari a 750-760 euro e quello minimo corrisponde a 285 euro.

Le manifestazioni continuano a oltranza, forti del sostegno da parte di circa l’80% degli ungheresi, secondo alcuni sondaggi. E chi protesta spera che la Commissione Europea batta un colpo, prima o poi.

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