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Il Giappone ha fatto del contrasto al karoshi – la morte per eccesso di lavoro – una priorità nazionale. Dal 2019, una legge limita le ore extra a 720 l’anno, ovvero non più di 100 al mese (inclusi i festivi). Un passo fondamentale per un Paese che, negli anni, ha pagato con vite umane la propria cultura del sacrificio sul lavoro.
Ma ora il nuovo premier Takaichi vuole cambiare tutto
Appena salita al potere, la prima ministra Sanae Takaichi ha ordinato al suo ministro della Salute e del Lavoro di valutare l’allentamento delle regole sugli straordinari. Un’inversione di rotta clamorosa rispetto al percorso di riforme intrapreso dai governi precedenti. Takaichi – nota per la sua immagine di “iron lady” nipponica – aveva già suscitato polemiche dichiarando di voler “fare a meno del concetto di equilibrio tra vita e lavoro”, e di aspettarsi che chi la circonda “lavori come cavalli da tiro”.
La reazione dei sindacati: “Un passo indietro pericoloso”
Non si è fatta attendere la risposta di Tomoko Yoshino, leader di Rengo, la più grande confederazione sindacale giapponese: “È inaccettabile. Non possiamo permettere che il limite venga allentato: siamo già vicini alla soglia che aumenta il rischio di morte per superlavoro”.
Secondo Yoshino, il piano del governo mina la sicurezza dei lavoratori e rischia di cancellare anni di sforzi per ridurre il karoshi, proprio mentre il Paese cercava di promuovere una cultura del lavoro più sostenibile.
Le riforme a rischio
La normativa del 2019 – introdotta dopo una lunga battaglia sociale – era considerata una delle più grandi conquiste civili del Giappone moderno. Una revisione delle regole era prevista per il 2024, ma il governo precedente aveva già indicato che sarebbe stata “completa”, non meno severa. Ora, la nuova premier sembra intenzionata a cambiare direzione, in nome della produttività e della competitività globale.
“Siamo solo a metà strada”
Yoshino ha ricordato che il percorso verso la tutela del benessere dei lavoratori è tutt’altro che concluso: “Siamo ancora a metà strada nel portare il numero di morti per superlavoro a zero e nel completare le riforme dello stile di lavoro”. La battaglia, insomma, è appena ricominciata — e potrebbe ridefinire il rapporto tra economia, salute e dignità del lavoro in una delle nazioni più industrializzate del mondo.





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