
Il Giappone ha registrato un nuovo record di presenze turistiche nel 2024: 36,9 milioni di visitatori stranieri, in crescita del 47% rispetto all’anno precedente. Cinesi, sudcoreani, statunitensi ed europei guidano la classifica. A spingere il boom non è solo il fascino culturale, ma anche lo yen debole, che rende il Paese più accessibile.
L’effetto Instagram e la psicosi collettiva
Città simbolo come Kyoto sono sotto i riflettori. Le immagini virali di templi e strade sovraffollate hanno generato un senso di assedio. Ma il corrispondente del Financial Times Leo Lewis invita a distinguere: l’overtourism in Giappone è più una percezione che una realtà diffusa. Il problema? I flussi sono improvvisi, mal distribuiti e concentrati in pochi luoghi.
La soluzione? Decentralizzare i percorsi
Il governo giapponese punta a 60 milioni di turisti l’anno entro il 2030, ma intende gestire meglio i flussi, promuovendo mete alternative e meno note. Una strategia per evitare che il turismo diventi un peso insostenibile, e al contrario diventi un motore di rilancio, specie in un paese segnato dall’invecchiamento demografico.
L’esperienza giapponese: quando l’affollamento è arte
Paradossalmente, il Giappone è progettato per gestire le folle: dalle stazioni ferroviarie super efficienti alle città iper-funzionali, è un Paese che sa cosa vuol dire vivere (bene) in spazi congestionati. L’overtourism è una sfida che dovrebbe essere alla portata dei nipponici.