
Il presidente Usa Donald Trump ha annunciato nelle settimane scorse una stretta contro il petrolio russo, introducendo nuovi dazi e minacciando sanzioni secondarie per chi continua a fare affari con Mosca. Nel mirino soprattutto India e Cina, i due principali acquirenti di greggio russo, che rifiutano però l’ultimatum americano.
L’India risponde: “Occidente ipocrita”
Nuova Delhi, che ha visto le proprie importazioni dalla Russia crescere di quasi 19 volte dal 2021 al 2024, ha definito la mossa di Washington “ingiusta e irragionevole”. L’India accusa l’Europa di continuare a comprare energia da Mosca e rivendica la priorità della sicurezza energetica nazionale.
La Cina non arretra: “No alla coercizione Usa”
Pechino, primo importatore mondiale di petrolio russo, ha bollato le minacce di Trump come pressioni inaccettabili. Secondo gli analisti, tuttavia, le banche cinesi stanno già riducendo le transazioni con la Russia, spingendo Mosca verso canali alternativi poco trasparenti.
Rischio shock energetico globale
Se i circa 5 milioni di barili al giorno di greggio russo sparissero improvvisamente dal mercato, i prezzi potrebbero schizzare oltre i 110 dollari al barile, con un impatto diretto sull’inflazione globale. Secondo la Federal Reserve, ogni +10 dollari sul petrolio equivale a +0,2 punti percentuali sull’inflazione Usa.
Il petrolio russo conviene sempre meno
Gli sconti di Mosca sul greggio, che nel 2022 arrivavano a 20 dollari al barile, oggi si sono ridotti a circa 5. Nonostante ciò, le raffinerie indiane continuano ad acquistare, coprendo il 44% del consumo nazionale con petrolio russo. E Pechino considera strategiche le importazioni e difficilmente arretrerà.