
Nuove sanzioni comminate dagli USA contro la Russia hanno preso di mira i due colossi energetici Rosneft e Lukoil. L’obiettivo è chiaro: limitare le esportazioni di petrolio russo e indebolire le risorse finanziarie che alimentano la guerra in Ucraina. Le nuove misure danno a Washington ampi poteri di pressione sulle filiali estere delle due aziende e mirano a scoraggiare i partner stranieri dal continuare a fare affari con Mosca.
Lukoil vende gli asset internazionali
Sotto il peso delle restrizioni, Lukoil ha annunciato la vendita delle proprie attività all’estero, che rappresentano circa un terzo delle operazioni globali del gruppo. Tra queste figurano partecipazioni nel giacimento iracheno West Qurna-2 e raffinerie in Bulgaria e Romania. La decisione arriva dopo l’inserimento della società nella “lista nera” del Tesoro USA, che congela tutti gli asset americani e vieta ogni collaborazione con imprese statunitensi.
Effetto domino sul petrolio russo
Le nuove sanzioni non si limitano agli Stati Uniti. Anche Londra ha adottato misure analoghe, mentre l’Unione Europea si prepara a varare il diciannovesimo pacchetto di sanzioni commerciali contro Mosca. Il risultato immediato? Prezzi del greggio in rialzo del 5% e un effetto domino sul commercio globale dell’oro nero.
India e Cina nel mirino di Washington
Trump ha più volte chiesto di limitare le esportazioni russe verso Cina e India, i due principali acquirenti del petrolio di Mosca. Le importazioni indiane, passate da 50.000 barili al giorno nel 2020 a 1,8 milioni nel 2025, sono ora sotto osservazione diretta. Nuova Delhi, che beneficia di sconti medi di 2-5 dollari al barile rispetto al Brent, valuta come ridurre la dipendenza dal greggio russo senza pesare troppo sui costi interni. Gli analisti prevedono una riduzione simbolica delle importazioni, ma non un blocco totale, data la difficoltà di sostituire completamente le forniture russe.
Mosca trema: effetti sull’economia russa
Rosneft e Lukoil producono insieme oltre la metà del petrolio russo esportato, circa 6,8 milioni di barili al giorno. Dopo l’annuncio delle sanzioni, le azioni Lukoil sono crollate del 9,4% e quelle di Rosneft del 7%, segno di un mercato che sconta già un calo delle entrate. Secondo gli analisti del Carnegie Endowment, il rischio è un deficit di bilancio nel 2026 se India e Cina dovessero tagliare gli acquisti. Mosca potrebbe essere costretta ad offrire sconti fino al 25% per mantenere le esportazioni, erodendo ulteriormente i ricavi.
Trump sfida Putin: “Ne riparliamo tra sei mesi”
Il presidente russo Vladimir Putin ha minimizzato le nuove misure, definendole “gravi ma non decisive”. Trump, invece, ha replicato con ironia: “Mi fa piacere che la pensi così. Ne riparliamo tra sei mesi”. Un messaggio chiaro: gli Stati Uniti sono pronti a spingere la pressione economica ai limiti per piegare Mosca sul fronte diplomatico e militare.
La nuova guerra del petrolio
Le sanzioni segnano una nuova fase della guerra economica globale. Da un lato, gli Stati Uniti puntano a ridisegnare le rotte dell’energia e a ridurre la dipendenza dei Paesi emergenti dal petrolio russo; dall’altro, Mosca tenta di riposizionarsi verso l’Asia, ma con margini di manovra sempre più stretti. Lukoil e Rosneft, simboli dell’energia russa, rischiano di diventare le prime vittime della geopolitica del greggio.










