La Germania dice addio al nucleare ma dipende ancora dal carbone

Con la chiusura degli ultimi tre reattori nucleari attivi, Emsland, Isar2 e Neckarwestheim2, il 15 aprile è finita la stagione dell’atomo tedesca

Berlino dice addio al nucleare ma dipende ancora dal carbone
L’impianto nucleare Isar 2

Con la chiusura degli ultimi tre reattori nucleari attivi, Emsland, Isar2 e Neckarwestheim2, e considerata l’avanzata fase di disattivazione di altri 21 reattori sparsi sul territorio nazionale, dal 15 aprile la Germania ha detto definitivamente addio alla produzione di energia nucleare.

La chiusura delle tre centrali, inizialmente prevista per lo scorso primo gennaio e poi slittata a metà aprile a causa dei problemi legati all’importazione di energia dalla Russia, mette d’accordo Spd e Verdi, ma non trova il consenso dello FpD (ovvero la terza gamba del governo tedesco), che ha spinto per mantenerle attive, alla stregua di quanto fatto dai banchi dell’opposizione i rappresentanti di Cdu-Csu.

In particolare, questi ultimi hanno rinfacciato al governo una certa incoerenza, sottolineando quanto sia più dannosa per l’ambiente la decisione di riaprire, seppur momentaneamente, le centrali elettriche alimentate a carbone e lignite, che aumentano le emissioni di anidride carbonica, mentre sopperire alla mancanza del gas russo ed evitare il razionamento dell’elettricità attraverso il mantenimento in attività dei tre reattori permetterebbe di non emettere gas serra.

La prima economia europea produce circa un terzo dell’energia elettrica attraverso la fonte fossile più sporca. Berlino, evidentemente, punta sul fatto che lo stop all’atomo possa accelerare sensibilmente la produzione di energia attraverso le rinnovabili. Nel frattempo, si procede a tutto gas (liquefatto statunitense) e a carbone. Una soluzione costosa in termini economici e ambientali.

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