Uscito dalla porta, il gas russo potrebbe rientrare in Europa dalla finestra

Ecco come Gazprom cerca di riaprire un passaggio al gas russo in Europa. Al centro dei piani l’hub in Turchia sostenuto anche da Putin. Mosca potrebbe servirsi come cavallo di Troia anche del gasdotto Tap, che l’Italia vorrebbe raddoppiare passando da 10 a 20 miliardi di metri cubi l'anno

Il gas russo potrebbe rientrare dalla finestra

Forte interesse dell’Italia al raddoppio della capacità di trasporto del Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno. Lo ha manifestato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, alla IX Riunione ministeriale del Consiglio consultivo del Corridoio meridionale del gas (Azerbaigian, Albania, Croazia, Montenegro, Bulgaria, Georgia, Grecia, Italia, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e Commissione Europea) che si è tenuta a Baku nei giorni scorsi.

Il Corridoio meridionale del gas è un’infrastruttura strategica – si compone di tre sezioni tra cui il Tap (Trans Adriatic Pipeline), che attraversa Grecia, Albania e Italia - che ha realizzato il primo collegamento diretto tra le riserve di gas naturale del Caspio ed il mercato del Vecchio continente, in un’ottica di diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento per l'Europa (o quantomeno questo sarebbe l’obiettivo dichiarato).

Il ministro italiano ha spiegato che si tratta di una strategia che punta ad affermare il ruolo dell’Italia di ‘hub’ verso l’Europa rispetto ai flussi addizionali che vengono dall’Africa ma anche dal corridoio meridionale e per il quale - ha assicurato - si intendono realizzare in Italia tutte le infrastrutture necessarie. Analogo messaggio il ministro Pichetto ha trasmesso al Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev che lo ha ricevuto “per confermare gli eccellenti rapporti tra i due paesi”.

In realtà il vero hub rispetto ai flussi orientali è la Turchia, piuttosto che l’Italia. Il presidente turco aveva evidenziato nei mesi scorsi che “siamo determinati a garantire che la Turchia sia il centro energetico del Caspio, del Mediterraneo e del Medio Oriente”. La citazione delle aree geografiche non è stata affatto casuale.

Del resto, Ankara rivendica da tempo una zona commerciale esclusiva anche a nord di Cipro, dove si trova il più grande giacimento del Mediterraneo e uno dei più grandi del mondo, conteso anche da Libano e Israele (con i due paesi che di recente hanno raggiunto un accordo di collaborazione per il suo sfruttamento).

Inoltre, la Turchia è al centro del passaggio dei gasdotti che dall’area del Caspio (in particolare dall’Azerbaijan) e dalla Russia arrivano all’Europa. Ankara sembra avere tutte le carte in regola per diventare il principale hub energetico del Mediterraneo, quantomeno quello orientale.

Ecco allora che, uscito dalla porta, il gas russo potrebbe rientrare in Europa dalla finestra. Mosca non solo punta ad accelerare la produzione di Gnl (che, spinti da necessità, continuiamo a comprare in quantità crescenti anche dalla Russia), ma si è messa al lavoro per sfruttare anche i gasdotti, individuando percorsi alternativi rispetto al passato, e predisponendo una serie di stratagemmi per mascherare la vera origine delle forniture. In tal senso, Mosca potrebbe servirsi anche del Tap (che conduce in Italia il gas azero) come cavallo di Troia. In realtà sembra già essere così.

Dal 15 novembre scorso Gazprom fornisce gas alla compagnia statale azera Socar: un miliardo di metri cubi fino a marzo 2023. Nel frattempo l’Azerbaigian, che è un regime di fatto guidato dalla famiglia Aliyev, ha accettato (sempre nei mesi scorsi) di aumentare le esportazioni verso l’Europa da 10 a 12 miliardi di metri cubi. Sebbene l’accordo sia stato lodato a Bruxelles, non è mai stata chiarita l’esatta provenienza del gas supplementare.

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