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Dal 2021 a oggi, i salari nominali hanno seguito l’inflazione solo a metà del passo. A fronte di un’inflazione cumulata del 17%, gli stipendi reali restano indietro, segnando una perdita di potere d’acquisto che colpisce milioni di famiglie italiane.
Il ritorno del fiscal drag
A peggiorare il quadro c’è il drenaggio fiscale: quando i redditi nominali aumentano per effetto dell’inflazione, ma le aliquote fiscali restano invariate, i contribuenti finiscono per pagare più tasse, pur guadagnando in termini reali molto meno. È il paradosso dell’imposizione progressiva in assenza di adeguamenti strutturali.
Cuneo fiscale: la riforma che penalizza di più
Secondo il rapporto annuale dell’Ufficio parlamentare di bilancio, nel 2024 il taglio del cuneo fiscale è stato rimodulato: non più semplici sgravi contributivi, ma una detrazione aggiuntiva e un trasferimento monetario. Il risultato? Per molti contribuenti, l’imposizione fiscale è aumentata, nonostante il reddito netto non sia davvero cresciuto.
Chi paga di più? Gli stessi di sempre
La stima è chiara: il maggior gettito dovuto al drenaggio fiscale ammonterà a 363 milioni di euro. A subire le conseguenze maggiori saranno operai e impiegati: il prelievo per gli operai salirà da 800 a 942 milioni, quello per gli impiegati da 989 a 1.205 milioni. Una stangata silenziosa che colpisce il cuore del lavoro dipendente.