
Secondo alcune stime, il nuovo bilancio dell’amministrazione Trump aumenterà il debito pubblico statunitense di oltre 3.300 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni.
Una cifra che fa salire ulteriormente la pressione su un sistema economico già appesantito da un debito federale pari al 125% del Pil. Le agevolazioni fiscali a cui punta l’attuale amministrazione statunitense, pur popolari tra gli elettori e le imprese, riducono infatti le entrate fiscali, ampliando il disavanzo.
Il debito pubblico statunitense ha avuto una crescita esponenziale nell’ultimo mezzo secolo. Dai circa 500 miliardi di dollari del 1975, è arrivato a superare i 36.000 miliardi nel 2024 (fonte: Peter G. Peterson Foundation).
I momenti di maggiore accelerazione? Gli anni della crisi finanziaria del 2008, l’emergenza Covid-19 con i piani di stimolo record, e ora la nuova stagione di tagli fiscali trumpiani che lasciano aperte molte incognite sulla sostenibilità.
La strategia fiscale di Trump punta ora a spingere la crescita economica tramite il taglio delle tasse, ma rischia di aumentare la dipendenza del Paese dai mercati del debito.
Con i rendimenti dei Treasury (titoli del debito pubblico statunitensi) ai massimi da 15 anni, cresce la preoccupazione tra analisti e investitori: gli Usa sono ancora il porto sicuro globale? O la corsa al debito potrebbe trasformarsi in una bomba a orologeria?