La malattia del secolo? Il diabete di tipo 2

Oggi più di mezzo miliardo di persone convive con il diabete, ma nel 2050 a soffrirne saranno 1,3 miliardi di persone

La malattia del secolo? Il diabete di tipo 2

Si parla a sufficienza di diabete? Forse, no. Anche perché il diabete di tipo 2 (che può dipendere da fattori genetici e dagli stili di vita) è destinato a essere la malattia del secolo, che inciderà in modo rilevante sullo stato di salute della popolazione ora giovane.

Secondo uno studio pubblicato su The Lancet (che esamina la prevalenza, la morbilità e la mortalità del diabete in 204 paesi e territori per età e genere tra il 1990 e il 2021, oltre a prevedere la prevalenza del diabete da qui al 2050), in 30 anni raddoppierà il numero di diabetici in tutto il mondo. Oggi più di mezzo miliardo di persone convive con questa malattia, ma nel 2050 a soffrirne saranno 1,3 miliardi di persone. Considerando che le Nazioni Unite hanno previsto che entro il 2050 la popolazione mondiale sarà pari a 9,8 miliardi di individui, significa che circa una persona adulta su sette fra trent’anni avrà il diabete di tipo 2.

L’attuale tasso di prevalenza del diabete a livello globale è del 6,1 per cento (che sale a oltre il 20 per cento fra gli over 65 e al 25 nella classe di età 70-29 anni), rendendola una delle 10 principali cause di morte e disabilità. I valori relativi più elevati sono stati registrati in Nord Africa e Medio Oriente (9,3 per cento), e si prevede che tale numero salirà al 16,8 per cento entro il 2050. Il tasso in America Latina e nei Caraibi dovrebbe aumentare fino a toccare l’11,3 per cento di persone con diabete di tipo 2. Considerando soltanto gli over 65, già oggi il 40 per cento dei Nord Africani e di chi vive in Medio Oriente ha il diabete di tipo 2, contro il 20 per cento rilevato in Europa e Asia centrale.

Per i prossimi trent’anni, come detto, sono comunque previsti numeri drammatici su scala globale, dal punto di vista sanitario ma anche economico, visto che ad esempio la malattia aumenta anche il rischio di cardiopatia ischemica e ictus. C’è poi la nota dolente dell’accessibilità ai farmaci. Basti pensare che a produrre quasi tutta l’insulina sono solo tre grandi aziende: Eli Lilly, Novo Nordisk e Sanofi.

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