Enzo Ferrari, una storia di motori e bollori

La biografia “Enzo Ferrari: The Man and the Machine” riscrive la storia del fondatore della casa automobilistica più famosa del mondo tra comportamenti tirannici in azienda e amanti a getto continuo

Enzo Ferrari, una storia di motori e bollori

Riportiamo qui alcuni passaggi tratti dal libro “Enzo Ferrari: The Man and the Machine” pubblicato originariamente nel 1991 dal giornalista Brock Yates, morto nel 2016. Sua figlia Stacy Bradley ha messo insieme la nuova edizione del libro, in concomitanza con l’uscita del film, ambientato nel 1957.

 

La sua vita è oggetto di un film di successo con Adam Driver. Ma nel caso di Enzo Ferrari, il visionario italiano che fondò l’azienda automobilistica a suo nome, la vita reale non è stata tutta qui. Enzo era ossessionato dalle auto e dal sesso, e aveva poco tempo per tutto il resto: a rivelarlo è una biografia pubblicata in concomitanza con il film.

Ebbe una moglie, un’amante, un figlio illegittimo e un appetito per il sesso così spinto tanto che iniziò persino una relazione con la vedova di uno dei suoi piloti, morto mentre guidava per la Ferrari. Stando a quanto riportato in “Enzo Ferrari: The Man and the Machine”, era un “uomo particolarmente rozzo” che ruttava e scoreggiava davanti agli ospiti.

Sul lavoro era un bullo tirannico e prepotente che si preoccupava poco dei suoi piloti. E non solo. Dopo che l’odiata moglie tentò di annegarsi in un fiume, Enzo convocò i meccanici della Ferrari che l’avevano salvata per dire: “Se salta di nuovo, lasciatela lì dentro!”.

“Enzo Ferrari: The Man and the Machine" è stato pubblicato originariamente nel 1991 dal giornalista Brock Yates, morto nel 2016. Sua figlia Stacy Bradley ha messo insieme la nuova edizione del libro, in concomitanza con l’uscita del film, ambientato nel 1957.

Yates scrive che il padre Alfredo, operaio metalmeccanico, era un “despota che esigeva rispetto dai suoi figli e silenzio, sottomissione strisciante” dalla moglie, Adalgisa Bisbini. Così il giovane Enzo imparò che le donne si dividevano in due categorie: caste casalinghe o “sgualdrine di bassa lega”.  

Nel 1919 Enzo si trasferisce a Milano per lavorare come collaudatore per le Costruzioni Meccaniche Nazionali e nello stesso anno debutta come pilota di auto da corsa. Dopo essere passato all’Alfa Romeo, iniziò a fare carriera e a correre meno, anche se una vittoria a Ravenna nel 1923 si rivelò fondamentale per il suo futuro.

Incontrò la madre di un famoso aviatore italiano, la contessa Paolina Baracca, che gli disse di mettere un “cavallino rampante” sulle sue auto.

La contessa disse che il simbolo avrebbe portato fortuna a Enzo, che così mise un cavallo nero sulle sue auto, con un campo d'oro per rappresentare la Moderna - quello che sarebbe poi diventato il simbolo della Ferrari. Lo stesso anno Enzo sposò Laura Garello e Yates scrive che trattò il matrimonio con “scioccante insensibilità”.

Poco dopo Enzo iniziò a cercare relazioni “non tanto per il piacere, quanto per la gratificazione dell’ego”, scrive Yates. Enzo sarebbe rimasto ossessionato dal sesso per la maggior parte della sua vita.

Nonostante ciò, lui e Garello ebbero il loro unico figlio, Alfredo, soprannominato “Dino”, nel 1932.

Nel 1934 Enzo si iscrisse al partito fascista perché “i suoi affari lo richiedevano”.

Enzo fu licenziato dall’Alfa Romeo nel 1939, quando le case automobilistiche tedesche, come la Mercedes-Benz, iniziarono a fare grandi passi avanti nella tecnologia ingegneristica, rendendo le loro auto da corsa molto più veloci dell’antiquata P3 dell’Alfa.

L’avvento della Seconda Guerra Mondiale mise in pausa le corse di Enzo, che a 42 anni era troppo vecchio per essere ingaggiato, e si dedicò invece alla produzione di rettificatrici e macchine utensili in una fabbrica di automobili da lui fondata a Modena.

Incontrò poi una persona che avrebbe avuto un’enorme influenza sulla sua vita, la sua amante, Lina Lardi. La donna avrebbe fornito a Enzo un “rifugio emotivo” per il resto della sua vita, oltre che il suo unico erede. Nel 1944 la Lardi rimase incinta e l’anno successivo diede alla luce Piero, un bambino la cui esistenza fu nascosta al mondo per anni.

Dopo la fine della guerra, Enzo ampliò la sua fabbrica di automobili e reclutò vecchi amici per formare la sua casa automobilistica, la Ferrari, con il progetto di produrre un motore da 1.500 cc, che all’epoca era il nuovo terreno di scontro tra le scuderie. Il prototipo della Ferrari 125, la prima auto che porta il suo nome, viene collaudato alla fine del 1947, dopo due anni di sviluppo travagliato.

Quell’anno vinse il Gran Premio di Roma, la prima vittoria di Enzo, seguita dalla famosa Mille Miglia in Italia l’anno successivo e dalla 24 Ore di Le Mans nel 1949.

Durante il Gran Premio del 1951, la Tipo 375 Ferrari conquistò la prima vittoria dell’azienda nel Campionato del Mondo. A questo punto Ferrari stava vincendo un’altra gara: vendere auto in tutto il mondo. La casa aveva costruito 70.000 auto da strada che furono acquistate da ricchi e famosi.

Eppure Enzo rimase concentrato sulle due cose che lo interessavano: le auto e il sesso e “si vantava delle sue conquiste”. Una persona che ha lavorato a stretto contatto con Enzo dice: “Le donne erano semplicemente oggetti”.

Un altro intreccio fu quello con Fiamma Breschi, un'attrice affascinante che era la vedova di uno dei suoi autisti, Luigi Musso, morto in un incidente.

Come ha detto senza mezzi termini un’ex amica, Enzo “amava il sesso” e rimorchiava giovani donne al Grand Hotel di Modena.

Gli anni successivi furono un periodo di crescita ed espansione per la Ferrari, fino alla morte di Dino, avvenuta nel 1956 all'età di 24 anni per distrofia muscolare.

Scrive Yates: "Da quel momento in poi divenne più solitario, più amareggiato, più cinico”. Ogni mattina visitava la tomba del figlio. Persino il suo ufficio è diventato un “santuario” del figlio, con una foto di Dino in mezzo al disordine.

La morte rimase vicina a Enzo: sei piloti Ferrari morirono al volante tra il 1955 e il 1965.

Tra le vittime di quel periodo c'è Eugenio Castellotti, morto durante un test in una pista di Modena. Enzo lo liquidò come uno “stupido” incidente e disse che Castellotti “stava attraversando un periodo emotivamente contrastante e la sua fine è stata causata da una momentanea lentezza nei riflessi”.

Una tragedia ancora più grande avvenne nel 1957, il periodo coperto dal film sulla vita di Ferrari, alla Mille Miglia. Alla Ferrari guidata dallo spagnolo Alfonso de Portago si bucò una gomma: l’auto uscì di strada, uccidendo lui e il suo copilota Edmund Nelson insieme a nove spettatori, cinque dei quali erano bambini. Il terribile incidente pose fine alla Mille Miglia, che non fu mai più organizzata, e portò Enzo a essere processato per omicidio colposo, anche se fu scagionato.

Finalmente, nel 1961, la Ferrari iniziò a ottenere il tipo di successo che Enzo desiderava grazie alla sua Tipo 156 da Gran Premio, una macchina a motore posteriore, alla quale aveva a lungo resistito nonostante altri vi avessero trovato il successo.

Quell’anno fu un “costante trionfo” per la Ferrari, ma la stagione si concluse in tragedia al Gran Premio d’Italia, nel giorno ricordato come il più buio della Formula 1. Il pilota tedesco Wolfgang von Trips morì schiantandosi contro una recinzione e uccidendo 15 spettatori. Poco dopo il funerale di von Trips, Enzo disse a un prete che conosceva: “Credo di aver fatto un buon lavoro nel fingere la mia tristezza”.

A quel punto la Ferrari aveva 500 dipendenti ed Enzo si comportava come  un “megalomane” in fabbrica. Chiunque avesse troppo successo era considerato una minaccia e veniva eliminato: solo Enzo poteva avere i riflettori puntati addosso.

Dopo aver rifiutato un’offerta di acquisto dell’azienda da parte di Ford per 18 milioni di dollari, nel 1969 Enzo accettò di vendere parte della Ferrari alla Fiat, un accordo che gli fu imposto a causa del calo delle vendite di automobili. In un’evoluzione imbarazzante, la Fiat pagò 11 milioni di dollari per la sua quota del 40 per cento della Ferrari.

Enzo si tenne il 49 per cento, un amico ricevette l’1 per cento e Piero il 10.

La rinascita della Ferrari iniziò con Niki Lauda, che faceva parte di una nuova generazione di piloti che non si facevano mettere i piedi in testa da Enzo e lo costrinsero a costruire auto migliori. Nel 1975 Lauda vinse il Campionato del Mondo con la 312T, ma l’anno successivo fu coinvolto in un incidente quasi mortale, per poi riprendersi e tornare a gareggiare sei settimane dopo, con la testa fasciata e il volto che trasudava dalle ferite.

L’anno successivo Lauda lasciò la Ferrari e fu sostituito da Gilles Villeneuve, che “guidava come un demonio” e contribuì ad aumentare il successo.

La morte di Enzo arriva nel 1988: non fu trattata come un periodo di lutto nazionale in Italia, come ci si sarebbe potuto aspettare. Invece, come da sua volontà, la sua scomparsa fu resa pubblica solo dopo la sepoltura accanto al padre nella cripta di famiglia.

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