La sfida di Trump a Big Pharma è un boomerang. Il vero problema è altrove…

Dal 1° ottobre gli Stati Uniti impongono dazi record sui prodotti farmaceutici per spingere la produzione interna e ridurre i prezzi dei medicinali. Ma l’industria Usa, iper-globalizzata e dominata dalle multinazionali, difficilmente potrà risolvere una crisi che dura da decenni

La sfida di Trump a Big Pharma è un boomerang. Il vero problema è altrove…

I farmaci negli Stati Uniti costano in media quasi tre volte di più rispetto a quelli dei Paesi avanzati. Secondo un rapporto del U.S. Department of Health & Human Services, i prezzi americani sono del 104% superiori all’Italia, del 146% alla Francia e del 160% al Giappone.

Quando si considerano solo i farmaci di marca, il divario diventa impressionante: +469% rispetto all’Italia e +334% rispetto al Regno Unito. Una sproporzione che pesa sulle famiglie e sui sistemi assicurativi, in un mercato dove le case farmaceutiche stabiliscono i prezzi in autonomia, senza i controlli pubblici previsti in Europa.

I dazi di Trump: 100% per chi produce all’estero

In tale contesto, dal 1° ottobre (il momento di avvio è stato in realtà posticipato a data da destinarsi), l’amministrazione Trump ha introdotto dazi del 100% sui farmaci importati da aziende che non possiedono stabilimenti operativi o in costruzione sul territorio americano. L’obiettivo dichiarato è duplice: riportare la produzione farmaceutica negli Stati Uniti e spingere le aziende a ridurre i prezzi.

Ma, secondo analisti e osservatori del settore, la misura rischia di avere effetti collaterali significativi: aumento dei costi per i consumatori nel breve periodo e tensioni commerciali con l’Europa, principale esportatrice di prodotti farmaceutici verso gli USA. Il problema con il Vecchio continente è stato poi limitato, fissando le tariffe al 15%.

Una filiera globale impossibile da “nazionalizzare”

Il sogno di un’America farmaceuticamente autonoma sembra però poco realistico. Oggi oltre il 70% dei principi attivi utilizzati negli Stati Uniti è prodotto in Asia, soprattutto in India e Cina. Le multinazionali americane, come Pfizer o Johnson & Johnson, dipendono da catene di fornitura complesse e globalizzate.

Spostare la produzione “in casa” richiederebbe anni di investimenti, nuove infrastrutture e costi elevatissimi. Nel frattempo, le aziende potrebbero semplicemente trasferire i rincari ai consumatori, aggravando una situazione già insostenibile per milioni di americani senza copertura sanitaria.

Un problema economico e sociale

Il tema dei prezzi dei farmaci è una delle questioni più sensibili per l’opinione pubblica americana. Negli Stati Uniti, una confezione di insulina può costare fino a 300 dollari, contro i 30 euro medi in Europa. Le assicurazioni coprono solo una parte delle spese, e oltre 9 milioni di americani ogni anno rinunciano a curarsi per motivi economici.

I dazi di Trump, più che una soluzione, appaiono come un messaggio politico. Per abbassare davvero i prezzi, qualora questo fosse il reale obiettivo, servirebbero riforme strutturali del sistema farmaceutico, non guerre commerciali.

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