La tassa sugli extraprofitti delle banche? Da tragedia a farsa

Come previsto, la maggior parte delle principali banche italiane ha deciso di non pagare la tassa sugli extraprofitti: il gettito per lo stato sarà scarso e non ci sarà nessun rafforzamento supplementare del capitale. Eppure in molti Paesi (Spagna, Ungheria, Repubblica Ceca, Irlanda, Paesi Bassi, Lituania) una tassa sugli extraprofitti è stata introdotta…

La tassa sugli extraprofitti delle banche? Da tragedia a farsa

Nella storia molti fatti si presentano due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Sembra essere la sorte della tassa sugli extraprofitti delle banche, inizialmente annunciata in maniera inaspettata da Matteo Salvini lo scorso 7 agosto. Il provvedimento provocò subito una forte caduta dei corsi azionari delle banche e venne criticato anche da alcuni membri del governo (in particolare Forza Italia preoccupata per le ricadute su Mediolanum).

Il decreto-legge venne pubblicato in Gazzetta ufficiale il 10 agosto: ma a quel punto il provvedimento (modificato da un emendamento) non era più quello inizialmente presentato. Da un lato, le banche potevano scegliere di non pagare la tassa a condizione di destinare un importo pari a due volte e mezzo il suo valore al rafforzamento del loro patrimonio. Dall’altro lato, l’importo massimo della tassa da versare era portato allo 0,26 per cento sugli attivi ponderati, escludendo quindi i titoli di stato. La logica dell’emendamento era quella di ridurre l’onere della tassa sul sistema bancario, renderla più equilibrata e concorrere al rafforzamento patrimoniale degli istituti di credito.

Le principali banche (tra cui Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio, Mediobanca e Credem) hanno (come era prevedibile) deciso di avvalersi della facoltà di destinare le somme dovute come tassa sugli extraprofitti a riserva non distribuibile. In questo modo, l’erario è stato privato di un incasso di 1,8 miliardi di euro circa.

Prendiamo il caso della prima banca italiana. Intesa Sanpaolo a fine luglio prevedeva di fare accantonamenti superiori a 1,2 miliardi, importo non molto diverso da quanto imposto dalla così detta tassa sugli extraprofitti (1477=2,5X 591 milioni).

In altri termini, la legge non solo non porterà alcun gettito allo Stato, ma non produrrà alcun rafforzamento della struttura patrimoniale delle banche che non sia stato deciso dal management prima e indipendentemente dalla legge. Chissà come i banchieri spagnoli, cechi, ungheresi, irlandesi, olandesi e lituani, tutti paesi in cui è stata introdotta una tassa sugli extraprofitti, avranno giudicato questa sceneggiata…

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