La deglobalizzazione della Cina comincia dalla finanza: stretta sulle quotazioni all’estero

La Cina ha annunciato che inasprirà le regole per le società che cercano di quotarsi all’estero e cambierà il processo di approvazione per le Ipo. E aumenta il nervosismo di Pechino con gli Stati Uniti all’indomani del duro discorso di Xi Jinping nei confronti dell’Occidente (“mai più bullismo ai danni della Cina”).

La deglobalizzazione della Cina: stretta sulle quotazioni all’estero

La sicurezza dei dati sul web, a rischio sul territorio del ‘nemico’ statunitense, spinge Pechino a una stretta senza precedenti sulle sue quotate a Wall Street. Il giorno nero va in scena dopo la pausa per la festa dell’Indipendenza. La Cina ha annunciato che inasprirà le regole per le società che cercano di quotarsi all’estero e cambierà il processo di approvazione per le Ipo (Initial public offering - Offerta pubblica iniziale di titoli azionari con cui una società colloca parte di tali titoli per la prima volta sul mercato borsistico, offrendoli al pubblico degli investitori): si tratta di una mossa che potrebbe ostacolare i tentativi delle compagnie cinesi di raccogliere fondi negli Stati Uniti.

Tutto ciò ha causato pesanti ribassi per le big cinesi quotate a Wall Street. A crollare sono state soprattutto le azioni del colosso cinese del trasporto privato via app, Didi Global, che nei giorni scorsi ha debuttato al Nyse. Poi, il 2 luglio la Cyberspace administration of China (Cac) ha sospeso la app di Didi dagli app store con l’accusa di raccogliere illegalmente dati personali degli utenti. Stesso trattamento, subito dopo, è stato riservato a Full Truck Alliance, servizio simile a Uber che collega spedizionieri e camionisti.

Questo trattamento è stata l’anticipazione del giro di vite più generale sulle Ipo all’estero. Pechino, nelle nuove linee guida, ha affermato che i regolatori devono rafforzare la cooperazione normativa transfrontaliera e modificare leggi e regolamenti sulla sicurezza dei dati, sul flusso di dati transfrontalieri e su altre informazioni riservate.

Sono 34 le società cinesi quotate a New York nel primo semestre e hanno raccolto oltre 12 miliardi di dollari. Da confrontare con le 18 quotazioni per 2,8 miliardi dello scorso anno. Per tutte però la stretta governativa in corso da mesi sulle società tecnologiche ha determinato un calo vistoso della capitalizzazione rispetto a quella di partenza in sette casi su 10.

Il che ci riporta al caso di Didi Global. E oggi si viene a sapere che in realtà la Cac aveva chiesto a Didi Global di ritardare la sua Ipo a New York già tre mesi fa. A questo punto il timore del mercato è che queste indagini aprano un nuovo fronte nella intensa campagna del presidente cinese Xi Jinping contro i giganti di internet.

In ogni caso la tempistica dell’azione dei regolatori, subito dopo l’Ipo record di Didi, conferma il nervosismo di Pechino in una fase prolungata di alta tensione con gli Stati Uniti e all’indomani del duro discorso di Xi Jinping nei confronti dell’Occidente (“mai più bullismo ai danni della Cina”).

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