L’Europa al contrario. Le banche guadagnano, mentre l’economia reale è in recessione

Le banche vorrebbero avere la botte piena e la moglie ubriaca, cioè vogliono avere liquidità sicura e priva di rischio presso la banca centrale e fare anche profitti. Il fatto è che ci stanno riuscendo grazie alla Bce che sta “regalando” loro 152 miliardi di euro

Le banche guadagnano, mentre l’economia reale è in recessione
La sede della Bce a Francoforte

Grazie alla Bce le maggiori banche in Europa possono registrare enormi profitti senza “fare nulla”, grazie alla remunerazione delle riserve bancarie (circa 4,3 trilioni). A evidenziare il meccanismo è stato Paul De Grauwe della London School of Economics, uno dei più noti economisti europei, insieme a Yuemei Ji dell’University College London

Come è possibile che la Bce offra alle banche 152 miliardi di euro, pari al 1,13 per cento del Pil dell’Eurozona? Oggi il tasso di interesse centrale fissato dalla Bce è pari al 4,5 per cento, mentre l’istituto che ha sede a Francoforte remunera al 4 per cento i depositi delle banche (in uno dei loro studi qui considerato, De Grauwe e Ji si riferiscono ai valori vigenti a metà 2023, quando il tasso di deposito era ancora del 3,5 per cento).

I conti di deposito della Bce sono quelli in cui le banche commerciali possono collocare le loro riserve di liquidità. Visto che le riserve bancarie in Bce erano pari a circa 4,3 trilioni, e il tasso di remunerazione sui depositi che la Bce aveva deciso di applicare a metà 2023 era del 3,5 per cento, annualizzando il tasso risulta che le banche possono guadagnare la bellezza di circa 153 miliardi di euro di interesse solo grazie al denaro collocato presso la Bce. Secondo i due economisti, “non c’è alcun motivo valido per cui le riserve debbano essere remunerate.

Altro problema: da dove vengono i 4,3 trilioni? Sono stati “stampati” praticamente gratis da Francoforte per salvare le banche. Il gioco era questo: la Bce, che non può finanziare direttamente gli Stati ma soltanto le banche, stampava miliardi di nuova moneta da offrire alle banche a tasso zero o quasi, e le banche in cambio offrivano alla Bce i titoli di debito pubblico che a loro volta acquistavano dagli Stati, e altri titoli pericolosi che avevano in bilancio (tra cui i derivati). In questa maniera le banche potevano liberarsi dei titoli più rischiosi, ottenere preziosi soldi liquidi e risanare i bilanci; da parte sua la Bce (che tecnicamente non può mai fallire perché può stampare tutta la moneta che vuole) si assumeva i debiti degli Stati e i rischi dei derivati, cioè i rischi delle banche.

In tale modo la Bce riuscì a “salvare l’euro” facendo apparentemente contenti tutti. Ma tutto è cambiato con la guerra in Ucraina: l’inflazione è salita fino al 9 per cento nel 2022 e la Bce ha deciso di domare il caro-prezzi alzando i tassi di interesse. Una mossa illogica, perché l’inflazione è derivata essenzialmente dalla guerra. L’incremento dei tassi ha invece frenato le rivendicazioni salariali di recupero dell’inflazione da parte dei lavoratori europei. Così, grazie all’aumento dei tassi sulla montagna di soldi (4,3 trilioni), che la Bce ha offerto a tassi zero alle banche europee, oggi queste possono guadagnare altri 152 miliardi di interesse. Nel frattempo l’economia è frenata proprio dagli alti tassi. Le banche guadagnano, mentre l’economia reale è in recessione.

Il problema è che tutto questo rappresenta un danno per gli Stati e per i contribuenti. Infatti le banche centrali che partecipano all’Eurosistema normalmente riversano i loro profitti agli Stati d’appartenenza. Ma, a causa dei 152 miliardi trasferiti alle banche private, le banche centrali nazionali dell’Eurosistema devono ridurre per un importo praticamente pari i trasferimenti dei profitti ai loro governi.

I due studiosi affermano che i 4,3 trilioni di riserva sono remunerati per il 99 per cento e solo l’1 riguarda la riserva obbligatoria non remunerata. Partendo da questi dati la Bce potrebbe fare altre scelte. Per aumentare i tassi di interesse basterebbe non remunerare, in tutto o in parte, le riserve. Nel nuovo contesto le banche avrebbero in bilancio una quota maggiore di attività senza rendimento. Per ripristinare la differenza tra gli interessi maturati sulle attività e gli interessi pagati sulle passività dovrebbero aumentare il tasso di interesse che applicano al portafoglio dei prestiti. Ciò porterebbe a un aumento generalizzato dei tassi di interesse.

Questi fatti dovrebbero fare riflettere sul dogma dell’assoluta indipendenza della Bce: è davvero indipendente o dipende dal settore bancario privato?

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