Le banche europee superano gli stress test. La crisi è superata?

I media italiani ed europei hanno celebrato nei giorni scorsi l’esito positivo degli stress test. Ovvero, le prove a cui periodicamente l'Autorità bancaria europea (Eba) sottopone gli istituti di credito, misurando la loro tenuta nel caso in cui si realizzasse uno scenario economico e finanziario particolarmente avverso. Due anni fa, la bocciatura accelerò la corsa verso la crisi di Mps, poi evitata grazie all'intervento dello Stato.

Quest'anno la banca senese è stata esclusa dall'esame, in quanto sottoposta a un Piano di ristrutturazione concordato con le Autorità europee. Sono invece stati radiografati altri 48 istituti europei, tra i quali quattro italiani: Intesa, Unicredit, Ubi Banca e Banco Bpm. Non ci sono promozioni o bocciature, ma solo un'indicazione di cosa succede di fronte allo scenario avverso.

La Banca d'Italia ha osservato che "nel complesso le banche europee hanno mostrato una buona capacità di tenuta a fronte delle condizioni di stress ipotizzate nello scenario avverso, confermando il generale rafforzamento della solidità del sistema bancario europeo". E calcolato che per le quattro banche italiane sottoposte ai test "la riduzione media ponderata del Cet1 ratio nello scenario avverso è di 3,9 punti percentuali a regime, è un risultato in linea con quello medio del complesso delle banche incluse nel campione e con la media totale Eba".

Meno positivi rispetto agli istituti di credito italiani sono stati gli esiti dei test per Deutsche Bank, la prima banca tedesca. Ancor peggio è andata Nordeutsche Landesbank. Risultati poco brillanti pure per le quattro britanniche esaminate sullo sfondo delle incognite della Brexit. È il caso in particolare di Barclays che insieme alla francese Societe' Generale escono con alcuni dei risultati peggiori.

Ma il patrimonio di tutte le banche esaminate non si avvicina mai alla soglia critica, il 5,5% degli attivi ponderati per il rischio (Cet1).

Quindi, tutto bene? Le banche europee godono di un buon stato di salute? Non proprio, secondo un’analisi di Maria Luisa Di Battista e Laura Nieri pubblicata da lavoce.info, che ha preso in esame per il periodo 2006-2016 un campione di 55 grandi istituti di credito di 14 paesi europei. Alcune banche hanno ormai recuperato soddisfacenti livelli di redditività, ma ve ne sono altre che stentano. Le difficoltà affondano le radici nel deterioramento del portafoglio prestiti, causato da una forte propensione al rischio non controbilanciata da adeguati accantonamenti a fondo rischi su crediti e grado di capitalizzazione. Dallo studio risulta, inoltre, evidente che la diversificazione dei ricavi riduce la probabilità di crisi di redditività.

Per le banche caratterizzate da un modello di business ancora oggi orientato (prevalentemente) al credito, che in più hanno necessità di effettuare continui accantonamenti a causa degli elevati crediti deteriorati, anche il rendimento dei titoli di stato in crescita potrebbe allontanare ulteriormente il recupero di redditività, ostacolando così i programmi di rafforzamento patrimoniale e la conseguente capacità di erogare credito al sistema paese.

Sarebbe, pertanto, meglio non farsi illudere troppo dal seppur esito positivo degli stress test e puntare, innanzitutto, a una maggiore diversificazione dei ricavi ancor prima che a una riduzione dei costi.

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