L’agricoltura rappresenta già il 90% dell’utilizzo mondiale di acqua dolce. Abbiamo estratto così tanto dal terreno che abbiamo cambiato la rotazione della Terra. L’acqua necessaria per soddisfare la crescente domanda alimentare semplicemente non esiste.
È diffusa la convinzione che questi problemi possano essere risolti migliorando l'efficienza dell'irrigazione: in agricoltura si sprecano enormi quantità di acqua. Ma a questo punto entra in scena il paradosso dell’efficienza dell’irrigazione. Poiché tecniche migliori garantiscono che sia necessaria meno acqua per coltivare un dato volume di colture, l’irrigazione diventa più economica.
Di conseguenza, attira più investimenti, incoraggia gli agricoltori a coltivare piante più bisognose di acqua e più redditizie. Questo è quello che è successo, ad esempio, nel bacino del fiume Guadiana in Spagna, dove un investimento di 600 milioni di euro per ridurre il consumo di acqua attraverso il miglioramento dell’efficienza dell’irrigazione lo ha invece aumentato.
È possibile superare il paradosso attraverso la regolamentazione: leggi per limitare il consumo di acqua sia totale che individuale. Ma i governi preferiscono affidarsi alla tecnologia. Ma, senza l’adozione di misure politiche ed economiche, non funzionerà.
I governi di mezzo mondo stanno pianificando massicci progetti di ingegneria per convogliare l’acqua da un luogo all’altro. Ma la crisi climatica e l’aumento della domanda fanno sì che anche molte regioni donatrici rischino di rimanere a secco.
L’acqua proveniente dagli impianti di desalinizzazione, inoltre, costa da cinque a dieci volte di più rispetto a quella proveniente dalla terra o dal cielo, mentre il processo richiede grandi quantità di energia e genera grandi volumi di salamoia tossica.
A cambiare dovrebbe essere invece soprattutto la nostra dieta. E qui l’ingegneria non può fare più di tanto.
