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Il Prodotto interno lordo di Israele si aggira intorno ai 500 miliardi di dollari, poco più della regione Lombardia. Eppure, ha sostenuto spese militari per quasi 70 miliardi solo nel 2024, pari al 9% del Pil, con un deficit superiore all’8% e un debito pubblico in aumento. Numeri che delineano un’economia piccola e fortemente dipendente dalle esportazioni e dal turismo.
Il motore bellico? Aiuti e finanza estera
Le guerre del governo Netanyahu non sono finanziate da risorse interne. Il debito israeliano è in gran parte nelle mani di banche e fondi statunitensi ed europei. Decisivi sono stati anche gli aiuti militari Usa (quasi 20 miliardi di dollari nel 2024) e le sovvenzioni europee. In pratica, la tenuta di Tel Aviv si regge su una rete di sostegno occidentale.
Dalla strage a Gaza all’economia globale
Con quei soldi, Israele non sta solo alimentando conflitti regionali, ma anche una campagna militare su Gaza definita genocida da numerose organizzazioni umanitarie. Il coinvolgimento economico e politico dell’Occidente rende complice l’intero blocco euroatlantico di una guerra che rischia di avere ricadute pesanti su scala globale.
L’attacco all’Iran e il rischio inflazione per l’Europa
L’offensiva contro Teheran potrebbe innescare una nuova ondata inflazionistica, spinta dai rincari energetici, capace di erodere il potere d’acquisto degli europei, soprattutto nelle fasce più fragili della popolazione e, allo stesso tempo, non sembra al momento offrire alcuna vera boccata d’ossigeno all’economia statunitense, come avvenuto in altri conflitti passati.