
La politica commerciale aggressiva di Donald Trump sta avendo un effetto collaterale inatteso: spingere l’Africa tra le braccia della Cina. Con nuove tariffe fino al 30% su Paesi chiave come Algeria, Libia e Sudafrica, Washington ha reso più difficile l’accesso africano al mercato Usa. Pechino ha colto l’occasione, portando a zero i dazi su 53 Stati africani e rafforzando la propria leadership commerciale sul continente.
L’Africa come terreno di conquista
Gli Stati africani, penalizzati dalle misure americane, trovano in Pechino un alleato strategico. Secondo Afrobarometer, il 60% degli africani considera positiva l’influenza cinese, contro il 53% favorevole agli Usa. Nel frattempo, i prezzi e i posti di lavoro risentono delle nuove tariffe: il Lesotho ha persino dichiarato lo stato di calamità dopo il crollo delle esportazioni tessili verso gli Stati Uniti.
Investimenti miliardari e rischio “trappola del debito”
La Cina non si limita ai dazi: ha messo sul tavolo oltre 50 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture e tecnologia, consolidando la propria presenza in Paesi come Nigeria, Sudafrica ed Egitto. Ma crescono i timori per la cosiddetta “diplomazia del debito”, con oltre 182 miliardi di dollari di prestiti già concessi ai governi africani. Un legame che garantisce a Pechino influenza politica e leva geopolitica sempre maggiore.
Usa in affanno, Cina in ascesa
Mentre Washington punta sullo slogan “Trade, not aid”, la Cina si propone come partner stabile per il futuro africano. Il continente, che vanta alcuni tra i più alti tassi di crescita economica mondiale, è ormai diventato il nuovo terreno di scontro per la leadership globale. E la partita, almeno per ora, sembra favorire Pechino.