L’Occidente non soccorre l’Africa. E allora ci pensa la Cina

La generosità di Pechino ha anche un secondo fine: consolidare la sua penetrazione in Africa con una strategia ‘soft-power’, saccheggiando le risorse naturali e conquistando quelle che erano zone d’influenza occidentale

L’Occidente non soccorre l’Africa. E allora ci pensa la Cina

La Cina tende la mano all’Africa in previsione dell'ecatombe che la pandemia di coronavirus produrrà nel continente. E lo fa con ricchi doni di materiale sanitario.

Il miliardario cinese Jack Ma, fondatore di Alibaba, ha fatto arrivare ad Addis Abeba 5,4 milioni di mascherine, 1 milione di test diagnostici e 40 mila  tute protettive contro il virus.

Ingenti donazioni sono giunte anche da un altro colosso cinese, il gigante delle telecomunicazioni Huawei, che ha fornito materiale sanitario a Tunisia, Sudafrica, Zambia e Kenya.

Ma sono aiuti che sottointendono secondi fini. Le attenzioni con cui Pechino si pone come partner privilegiato nella guerra contro il Covid-19 fa parte della strategia di una penetrazione ‘soft-power’ in Africa, saccheggiarndo le risorse naturali e conquistando quelle che erano zone d’influenza occidentale.

Negli ultimi 15 anni, gli scambi commerciali tra i due continenti sono stati moltiplicati per undici fino a superare i 170 miliardi di euro. Oggi, un milione di cinesi vive in Africa e circa 50 mila studenti africani è iscritto nelle università in Cina.

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