Il Cremlino potrebbe far precipitare i Balcani nel caos senza inviare un solo carro armato

La guerra in Ucraina rischia di dividere i Balcani occidentali. L’anello debole della regione potrebbe essere la Bosnia ed Erzegovina, il paese più povero dal punto di vista economico tra quelli della Ex-Jugoslava con un Pil pro-capite di appena 6mila dollari e teatro di una delle peggiori guerre degli anni novanta, oltreché attualmente esposto al rischio di una nuova secessione dei serbi di Bosnia

Il Cremlino potrebbe far precipitare i Balcani nel caos

La guerra in Ucraina continua a moltiplicare nuove esternalità negative. In economia è la situazione in cui il processo di produzione ha un effetto dannoso su terzi non collegati. Estendendo il concetto alla geopolitica è osservabile un brusco aumento della temperatura (non in senso meteorologico) in un’altra area dell’Europa, i Balcani occidentali. Il 6 giugno Sergej Lavrov, capo della diplomazia russa, era in viaggio verso la Serbia quando il suo aereo ha dovuto invertire la rotta e tornare a Mosca.

Tre stati, infatti, avevano negato il permesso di sorvolo: Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro. I tre paesi in questione sono membri della Nato e uno è anche nell’Ue. Anche la Serbia ha reagito duramente, affermando che i paesi che hanno bloccato l’aereo di Lavrov “sognano di sconfiggere la Russia”. “La Serbia è fiera di non essere coinvolta nell’isteria antirussa”, ha dichiarato un ministro serbo.

L’incidente diplomatico rischia di far riapparire vecchie piaghe e linee di frattura mai cancellate dopo le guerre legate al crollo dell’ex Jugoslavia, negli anni novanta. I serbi non hanno dimenticato i bombardamenti della Nato durante la guerra che ha portato all’indipendenza del Kosovo, nel 1999. Le affinità culturali e religiose con la Russia l’hanno portata anche a rifiutarsi di condannare l’invasione dell’Ucraina e di partecipare alle sanzioni occidentali contro la Russia.

Il paradosso è che la Serbia è candidata all’adesione all’Unione europea, e il suo presidente Aleksandar Vučić prova a mantenere una neutralità ambigua per non compromettere nulla. Ma l’ombra russa aleggia sulla regione dei Balcani. La diplomazia di Mosca cerca di contrastare i legami con la Nato e l’Ue, e di mantenere questi paesi in una terra di nessuno geopolitica che è più favorevole agli interessi russi. Come sottolineava l’analista Sylvain Zeghni il mese scorso in un intervento su Le Monde, “il Cremlino potrebbe far precipitare la regione nel caos senza inviare un solo carro armato”.

Piuttosto che la Serbia di per se, l’anello debole della regione potrebbe essere la Bosnia ed Erzegovina, il paese più povero dal punto di vista economico tra quelli della Ex-Jugoslava con un Pil pro-capite di appena 6mila dollari (come riporta My Data Jungle) e teatro di una delle peggiori guerre degli anni novanta, oltreché attualmente esposto al rischio di una nuova secessione dei serbi di Bosnia.

Gli europei temono una deriva di questo tipo, perché rischierebbe di risvegliare i vecchi conflitti. La Russia, però, può far leva sul nazionalismo slavo e ortodosso. Per Ue e Nato è arrivato il momento di capire come stabilizzare una regione trascurata troppo a lungo (nonostante rappresenti per il Vecchio continente una ferita mai chiusa davvero). Prima che sia troppo tardi: la visita abortita di Lavrov è un campanello d’allarme.

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