Lesbo, viaggio all’inferno (senza ritorno) dove i bambini cercano il suicidio

In un’isola dell’Ue si sta consumando (da tempo) una tragedia. Che l’Europa, così presa dal Mes e dal Recovery Fund, finge di non vedere

Lesbo, viaggio all’inferno dove i bambini cercano il suicidio

È una delle più belle isole greche. E fra quelle più cariche di storia. Ma agli occhi del mondo oggi è la capitale europea del dolore.

Nel campo ci sono 19 mila profughi: ognuno di loro può comunque contare sull’aiuto dell’Ue: un litro di acqua al giorno per bere, lavarsi e cucinare. E per riuscire ad averlo bisogna mettersi in fila (sotto il sole o la pioggia).

In queste condizioni disumane i bambini smettono di parlare e finiscono col cercare la morte.

Prima che sia troppo tardi, c’è soltanto una cosa da fare: chiudere il campo e accogliere i migranti in Europa.

Il vecchio continente è l’unico al mondo dove il welfare state (seppur in parte smantellato negli ultimi tre decenni) tutela persone e lavoratori. Ma tutto questo perde ogni senso difronte al menefreghismo europeo rispetto a quello che accade non in Libia, Egitto o Turchia. Ma nella nostra Europa.

Salviamo i bambini di Lesbo per salvare anche noi stessi dalla sentenza inappellabile con cui la storia ci condannerà.

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