Cinque anni fa il crollo del ponte Morandi. Il Paese attende giustizia

Il nuovo ponte costruito velocemente non cancella la tragedia che si poteva evitare. La sentenza di primo grado è attesa per il 2024. Dal processo in corso, intanto, sono emerse verità che lasciano sgomenti. Dubbi sulla stabilità del ponte erano emersi in passato ed erano stati deliberatamente ignorati.

Cinque anni fa il crollo del ponte Morandi. Il Paese attende giustizia

Il 14 agosto 2018 crollava l’intero sistema bilanciato della pila 9 del viadotto del Polcevera, noto come ponte Morandi, provocando 43 morti e 566 sfollati. Due anni dopo, il 7 luglio 2020, è iniziato il processo con 59 imputati, centinaia di persone hanno chiesto risarcimenti. E il 3 agosto dello stesso anno è stato inaugurato il nuovo viadotto Genova San Giorgio. 

Tra i 59 imputati ci sono: dirigenti, funzionari e tecnici di Autostrade per l’Italia, ministero delle Infrastrutture e Spea (Società progettazioni edili autostradali). Le accuse gravissime sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro.

La sentenza di primo grado è attesa per il 2024, ma il procuratore capo di Genova, Francesco Pinto, già lo scorso anno annunciava che sarà difficile per questo processo rispettare i parametri costituzionali della ragionevole durata.

Intanto, due società coinvolte nell’inchiesta, Autostrade per l’Italia e Spea, imputate per la responsabilità amministrativa, hanno patteggiato, evitando così le sanzioni interdittive, che avrebbero impedito di svolgere le loro attività, versando in totale circa 30 milioni di euro. 

Dal processo in corso (che vede quasi 170 testimoni dell’accusa), attraverso le testimonianze e le parole degli indagati, sono emerse verità che lasciano sgomenti.

Lo scorso maggio, nel corso di un’udienza, c’è stata una testimonianza agghiacciante di Gianni Mion (uno dei principali dirigenti della società che gestiva il ponte), secondo cui dubbi sulla stabilità del ponte erano emersi in passato e che erano stati deliberatamente ignorati. Nel 2010 “chiesi se ci fosse una società esterna che certificasse la sicurezza e l’allora direttore generale di Autostrade, Riccardo Mollo, mi rispose la sicurezza ce la auto-certifichiamo”.

Egle Possetti, presidente del Comitato “Parenti vittime ponte Morandi”, parte civile nel processo, attacca: “Lo Stato ci ha abbandonato. I miei genitori ottantenni non hanno ricevuto neppure un telegramma di condoglianze. Nessuno ci ha cercato. Ci ha chiamato solo il Comune di Genova due mesi dopo quel 14 agosto 2018”.

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