
Giorgio Armani, scomparso il 4 settembre 2025 a 91 anni, ha lasciato al mondo due eredità: lo stile, simbolo eterno del made in Italy, e un patrimonio stimato tra gli 11 e i 13 miliardi di euro. Il gruppo, fondato nel 1975 e oggi con oltre 8.700 dipendenti e 2,4 miliardi di fatturato, non è quotato in Borsa ma resta uno dei colossi globali della moda.
Gli eredi: sorella e nipoti tra famiglia e finanza
Senza eredi diretti, Armani lascia spazio alla sorella Rosanna e ai tre nipoti Silvana, Roberta e Andrea Camerana, quest’ultimo legato anche alla famiglia Agnelli. Tutti siedono già nel consiglio di amministrazione insieme a manager di fiducia come Pantaleo Dell’Orco e Federico Marchetti (Yoox).
La Fondazione al centro del futuro
Il 99,9% della Giorgio Armani spa passerà agli eredi, mentre la Fondazione Armani, oggi titolare dello 0,1%, avrà un ruolo centrale. Lo statuto, già predisposto e aggiornato nel 2023, prevede sei categorie di azioni con diritti di voto differenziati: le categorie A e F, pur possedendo il 40% del capitale, controlleranno oltre il 53% dei voti in assemblea. Saranno loro a decidere le strategie chiave e le figure apicali.
Utili e regole ferree per lo stile
Dal 2021 al 2024 il gruppo ha generato quasi 600 milioni di utili, con parte dei dividendi destinati agli azionisti. Ma le regole del nuovo statuto vanno oltre i numeri: tetto ai dividendi, reinvestimento degli utili, priorità a qualità, innovazione ed eccellenza. Persino le scelte stilistiche, dall’uomo alla donna, seguiranno procedure rigorose, garantendo continuità al “metodo Armani”.
I principi fondanti di Re Giorgio
L’articolo 4 dello statuto, dedicato ai “principi fondanti”, sancisce l’eredità più preziosa: investimenti costanti, prudenza nelle acquisizioni, sviluppo globale del marchio e tutela di un’identità stilistica unica. Un vero testamento imprenditoriale che assicura che, anche senza di lui, il nome Armani continui a risplendere nel mondo.