"Nuova via della seta", prime battute d'arresto della strategia adottata da Pechino

In Malesia, Pakistan, Sri Lanka, Nepal, Birmania e, ora, Sierra Leone, numerosi progetti infrastrutturali finanziati dalla Cina sono stati ridiscussi o persino annullati. Perché?

"Nuova via della seta", prime battute d'arresto

Un bellissimo aeroporto a 60 km da Freetown, la capitale della Sierra Leone. Ma troppo costoso e, forse, inutile. Il progetto da 318 milioni di dollari, che la Cina doveva finanziare, costruire, gestire e manutenere, è stato annullato dal governo del paese africano, in quanto ritenuto non economicamente redditizio. Anche perché il "vecchio" aeroporto è sottoutilizzato.

Ciò suggerisce una battuta d’arresto della strategia cinese di finanziamento di grandi progetti infrastrutturali, generalmente raggruppati sotto l'etichetta di "Nuova via della seta"- un'iniziativa avviata da Pechino nel 2013 volta a migliorare i collegamenti e la cooperazione tra i paesi dell'Eurasia. In pochi anni sono stati coinvolti circa 60 paesi e firmati centinaia di contratti.

Ma negli ultimi mesi è successo qualcosa. In Malesia, Pakistan, Sri Lanka, Nepal, Birmania e, ora, Sierra Leone, numerosi progetti sono stati ridiscussi o persino annullati.

Perché? L’entità dei finanziamenti concessi dalla Cina aumenta il rischio di finanziare progetti economicamente insostenibili che finirebbero per accrescere il debito pubblico dei paesi interessati. Un discorso simile si potrebbe applicare al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, ma anche agli Stati Uniti e all'Unione Europea. Tutti hanno un comune denominatore: prestano ingenti risorse a paesi poveri sapendo che probabilmente non saranno in grado di restiruirle.

È quella che alcuni definiscono la "diplomazia del debito". Le aziende cinesi coinvolte nei grandi progetti infrastrutturali all’estero sono controllate dallo Stato e, proprio per questo motivo, possono offrire finanziamenti a condizioni concorrenziali: tassi di interesse tra il 2% e il 3% a 25 anni.

Sebbene Pechino non richieda garanzie statali sui prestiti, una quota rilevante è assegnata a consorzi formati perlopiù da imprese cinesi. Fino ad arrivare al paradosso per cui solo il 3,4% dei progetti all'estero finanziati dalla Cina viene assegnato a società non cinesi. In Africa, siamo prossimi allo zero.

Occorre anche considerare che la Cina detiene più del 20% dei debiti pubblici dei paesi africani. Chi ha il petrolio può tentare di ripagare parte del proprio debito in tal modo. Per gli altri Paesi diventa strategica la stabilità politica. Ecco perché la Cina sostiene i regimi autoritari in Africa: un governo "forte" e propenso alla spesa è preferibile ad uno democratico e più parsimonioso.

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