A differenza della Cina, l’India non può essere (per ora) una superpotenza economica

A partire dalla metà degli anni ‘80, secondo la convinzione prevalente dell’epoca, il regime autoritario cinese si sarebbe ritrovato a mal gestire la sua economia, mentre quella indiana, democratica, sarebbe emersa come la più sviluppata (nel confronto tra le due). Le cose non sono poi andate così. Al contrario, Delhi sta ora pagando il prezzo per aver investito poco nel proprio capitale umano

A differenza della Cina, l’India non può essere una superpotenza economica

Siamo nel 1985. È Marzo. Il Wall Street Journal ricopre di elogi il nuovo primo ministro indiano, Rajiv Gandhi. In un editoriale intitolato “Rajiv Reagan”, il quotidiano paragona il quarantenne Gandhi a “un altro famoso tagliatore di tasse che conosciamo (Ronald Reagan, ndr)”, pur tuttavia evidenziando che la deregolamentazione e gli sgravi fiscali avevano innescato una “rivoluzione minore” in India (rispetto a quella rilevata negli Usa).

Tre mesi dopo, siamo a Giugno, alla vigilia della visita di Gandhi negli Stati Uniti, l’economista della Columbia University Jagdish Bhagwati è ancora più diretto. “Molto più della Cina oggi, l’India è un miracolo economico in procinto di accadere”, scrive sul New York Times promuovendo la scelta adottata sotto Gandhi di ridurre le aliquote fiscali e avviare l’allentamento normativo.

I primi anni ‘80 hanno segnato un momento storico cruciale, quando Cina e India – i Paesi più popolosi del mondo, con redditi pro capite praticamente identici – hanno iniziato a liberalizzare e ad aprire le loro economie. In tanti hanno cominciato a parlare di “rivoluzione” e possibili “miracoli”.

Ma, mentre la Cina è cresciuta rapidamente su una solida base di sviluppo del capitale umano, l’India non è andata nella stessa direzione di Pechino che nel frattempo è diventata una superpotenza economica, al contrario dell’India. Nel 2022, ad esempio, il Pil pro-capite in Cina era pari a 12.700 dollari a fronte dei 2.400 registrati in India (fonte: My Data Jungle).

Quando si valuta il potere di uno Stato, ciò che conta, più del numero dei suoi cittadini e anche del Pil pro-capite, è in realtà la qualità della sua forza lavoro che nel confronto qui proposto vede prevalere la Cina che peraltro ha sostanzialmente eliminato la povertà assoluta. Al contrario, l’India continua a evidenziare alti livelli di povertà. Nel 1980, il  90 per cento di 1 miliardo di cittadini cinesi aveva redditi inferiori alla soglia di povertà assoluta fissata dalla Banca Mondiale. Oggi, quel numero è approssimativamente zero. Eppure, più del 10 per cento della popolazione indiana di 1,4 miliardi continua a vivere al di sotto della soglia di povertà estrema pari a 2,15 dollari al giorno.

Ma cosa è dunque accaduto negli ultimi 40 anni? A partire dalla metà degli anni '80, la convinzione prevalente tra gli osservatori indiani e internazionali era che il regime autoritario cinese avrebbe gestito male la sua economia, mentre quella indiana, guidato da un sistema democratico, sarebbe emersa come l’economia più grande e sviluppata tra le due. Al contrario, New Delhi sta ora pagando il prezzo per aver investito poco nel suo capitale umano.

Il che appare ancora più paradossale proprio ora che l’India è diventato il Paese più popoloso al mondo, fattore che ha spinto numerosi osservatori a parlare di gigantesco dividendo demografico a favore del Subcontinente (vista la giovane età media della sua popolazione). Ma se non si investe massicciamente in istruzione ( i fattori in gioco sono anche altri, tra cui il sistema di caste profondamente radicato in India, la massiccia burocrazia e la riluttanza delle sue élite ad affrontare le rivendicazioni concorrenti dei molteplici gruppi etnici e religiosi ), i risultati non arrivano: è come disporre di una materia prima preziosa e non sapere cosa farne.

Fonte
quotedbusiness.com è una testata indipendente nata nel 2018 che guarda in particolare all'economia internazionale. Ma la libera informazione ha un costo, che non è sostenibile esclusivamente grazie alla pubblicità. Se apprezzi i nostri contenuti, il tuo aiuto, anche piccolo e senza vincolo, contribuirà a garantire l'indipendenza di quotedbusiness.com e farà la differenza per un'informazione di qualità. 'qb' sei anche tu. Grazie per il supporto

Indicatori

Scopri la sezione Indicatori

(opzionale)
Paesi
www.quotedbusiness.com