Il mito dell’1 per cento

Chiunque sia interessato alla salute della democrazia statunitense dovrebbe essere più preoccupato per la crescita dei salari per la parte relativamente più povera dei lavoratori che per il divario di reddito tra quest’ultima e l’1 per cento più ricco

Il mito dell’1 per cento

Per decenni, la quota di reddito nazionale detenuta dall’1 per cento più ricco negli Stati Uniti è aumentata vertiginosamente. La disuguaglianza di reddito, che l’ex presidente Barack Obama ha definito “la sfida decisiva del nostro tempo”, è diventata una questione importante nella politica americana, sia per i repubblicani che per i democratici i quali propongono tasse più alte per i ricchi.

Eppure, la convinzione che la disuguaglianza di reddito sia aumentata bruscamente potrebbe essere sbagliata. Una nuova ricerca condotta da Gerald Auten del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e David Splinter del Joint Committee on Taxation del Congresso rileva che la quota di reddito al netto delle imposte dell’1 per cento più ricco è cambiata a malapena dal 1962. Ciò è in netto contrasto con il noto lavoro di Thomas Piketty, Emmanuel Saez e Gabriel Zucman che ha di fatto plasmato la politica e il dibattito politico negli ultimi anni: il trio conclude che la quota di reddito dell’1 per cento più ricco è aumentata di circa il 55 per cento nello stesso periodo.

Ma perché concentrarsi soltanto sull’1 per cento? La discussione si è finora basata su quanta parte della torta economica ottiene ogni gruppo. Ma la dimensione della torta non è fissa. Dal 1962, la produzione economica reale negli Stati Uniti è aumentata del 499 per cento, portando a miglioramenti significativi negli standard di vita e nel benessere umano. La percentuale di americani in povertà è diminuita, nuovi farmaci e terapie hanno migliorato la qualità della vita delle persone, e più donne sono entrate nella forza lavoro.

La disuguaglianza nella qualità della vita si è ridotta drasticamente negli ultimi decenni. Il divario di qualità della vita tra una famiglia a reddito medio e una nell’1 per cento più ricco un secolo fa, e anche un secolo prima, era effettivamente molto più ampio.

Inoltre, osservando i numeri, secondo il Congressional Budget Office (CBO), l’1 per cento più ricco ha guadagnato il 17,6 per cento del reddito totale prodotto nel paese nel 2019 e pagato il 24,7 per cento di tutte le tasse federali nel medesimo anno.

Utilizzando i dati del CBO, emerge che la disuguaglianza di reddito tra tutte le famiglie – dopo aver tenuto conto delle tasse e dei trasferimenti governativi e stimata con un coefficiente di Gini – è aumentata del 29 per cento tra il 1979 e il 2007, ma poi è diminuita di oltre il 5 per cento tra il 2007 e il 2019.

Per capire questa tendenza, bisogna concentrarsi sul restante 99 per cento. La disuguaglianza è effettivamente aumentata negli anni ‘90, ma anche i salari medi sono saliti. Tuttavia, dopo la crisi finanziaria del 2008, i salari medi sono crollati. In effetti, sono diminuiti così bruscamente per la metà più povera dei lavoratori che ci è voluto fino al 2014 perché il salario reale mediano recuperasse il livello del 2007.

Chiunque, dunque, sia interessato allo stato di salute della democrazia statunitense dovrebbe essere più preoccupato per la crescita dei salari per la parte relativamente più povera dei lavoratori che per il divario di reddito di quest’ultima rispetto all’1 per cento più ricco. La risposta è “sì”, quantomeno secondo Michael R. Strain (Director of Economic Policy Studies at the American Enterprise Institute).

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