Si alza lo scudo dell’Ue in difesa delle aziende comunitarie. L’obiettivo è frenare lo shopping della Cina nel Vecchio Continente. La Commissione europea propone ai governi il regolamento per salvare le imprese dai predatori di Pechino, aprendo una nuova stagione di rapporti economici con Pechino. L’idea è quella di introdurre una sorta di Golden Rule contro l’espansionismo cinese in Europa. Una ‘scialuppa di salvataggio’ per bloccare scalate e operazioni ostili da parte della seconda economia al mondo.
Anche se gli investimenti diretti esteri cinesi in Europa sono diminuiti negli ultimi anni, in linea tra l’altro con la diminuzione degli investimenti diretti esteri in uscita dalla Repubblica popolare che si registra dal 2016, questo tipo di investimenti ammontava comunque a 12 miliardi di euro nel 2019. Allargando l’orizzonte temporale, secondo i dati della Commissione europea, negli ultimi vent’anni i flussi di investimento cinesi verso l’Ue hanno toccato quota 120 miliardi di euro, e sono stati indirizzati soprattutto nelle aree strategiche delle infrastrutture e della tecnologia avanzata. Questo ammontare rappresenta meno del 10% degli investimenti diretti esteri arrivati da Stati Uniti e Canada. In Europa, inoltre, ‘appena’ 300.000 persone lavorano alle dipendenze di società cinesi, su un totale di 220 milioni di lavoratori.
Sempre negli ultimi vent’anni, gli investimenti dell’Ue in Cina hanno superato quota 140 miliardi di euro. Circa la metà di questo flusso si è indirizzata sul settore manifatturiero, con le aziende automobilistiche tedesche nel ruolo di principali investitrici. Ma oggigiorno l’Ue sta perdendo terreno. Gli investimenti diretti esteri europei negli Stati Uniti sono 15 volte quelli europei in Cina, per esempio. L’export europeo verso la Cina ha un valore pari alla metà dell’export europeo verso gli Stati Uniti, nonostante il prodotto interno lordo cinese abbia raggiunto l’80% del Pil americano.
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