
Quindici anni fa la Cina ha intuito che il futuro dell’auto non sarebbe stato nei motori a combustione, ma in quelli elettrici. Con una pioggia di sussidi statali e politiche industriali mirate, il governo ha spinto la nascita di decine di nuove aziende e attirato investimenti record. L’obiettivo era chiaro: fare della Cina il cuore mondiale della mobilità sostenibile.
Oggi il risultato è impressionante: entro la fine del 2025, le vetture elettriche rappresenteranno circa il 60% delle vendite totali nel Paese. Un traguardo senza eguali a livello globale.
Troppa offerta, troppa concorrenza: scoppia la guerra dei prezzi
Ma l’euforia del boom ha generato un effetto collaterale devastante: l’eccesso di produzione. Oltre 130 aziende producono molto più di quanto il mercato possa assorbire, innescando una guerra dei prezzi senza precedenti.
Secondo la banca giapponese Nomura, negli ultimi due anni i listini delle auto elettriche in Cina sono crollati del 19%, con punte fino al -35% su alcuni modelli.
Il risultato? Una corsa al ribasso che sta erodendo i profitti anche dei colossi del settore. Nei primi cinque mesi del 2025, gli utili complessivi delle case automobilistiche cinesi sono scesi del 12%, mentre BYD, leader di mercato, ha registrato un crollo del 30%.
Pechino dice basta: “Stop ai ribassi”
Il governo cinese è corso ai ripari. A giugno, riferisce The Economist, Pechino ha ordinato ai produttori di interrompere i tagli dei prezzi e di pagare regolarmente i fornitori, le prime vittime della crisi. L’obiettivo è evitare che la spirale deflattiva travolga l’intera filiera dell’automotive elettrico, uno dei pilastri strategici dell’economia nazionale.
Ma la sfida resta enorme: come mantenere la leadership globale nella transizione green senza affondare nella concorrenza interna?
L’effetto domino sull’Europa
Nel frattempo, le auto elettriche cinesi – forti della loro tecnologia e dei costi competitivi – stanno conquistando l’Europa. Mentre Pechino cerca di riequilibrare il mercato interno, i marchi cinesi come BYD, Nio, Xpeng e MG si espandono nei Paesi europei, Italia compresa, dove i consumatori guardano con crescente interesse ai modelli “Made in China”.
Ma dietro l’apparente successo, si nasconde una verità più complessa: l’impero dell’auto elettrica cinese, nato grazie ai sussidi pubblici, rischia di crollare sotto il peso del suo stesso boom.