“Quei soldati morti sono eroi che hanno perso la loro vita per salvare vite altrui. Sono la parte migliore dell’America, si sono battuti per i nostri valori. Abbiamo un dovere sacro nei loro confronti. Quelli che li hanno uccisi, gli daremo la caccia e pagheranno. Li colpiremo con tutti gli strumenti, nel momento che sceglieremo noi.” È uno dei drammatici passaggi dell’intervento di Joe Biden dopo la strage annunciata.
La ritirata di Kabul ha un finale scandito dalla morte e mette gli Usa di fronte a uno dei giorni più neri della storia del Paese. Un ritiro precipitoso e sbagliato nei tempi. Così si sono create le condizioni per un attentato: il caos all’aeroporto e una pressione esterna incontrollabile. Era solo una questione di tempo. Un tempo che è arrivato con due vili attentati, che hanno decretato quella che ‘The Economist’ ha definito nei giorni scorsi “La debacle di Biden”.
Il presidente statunitense ha ragionato pensando agli elettori americani e ha giocato la mossa del ritiro (una carta dell’amministrazione Trump che aveva negoziato a Doha gli accordi con i talebani) da far coincidere con le celebrazioni dell’11 settembre (la data originaria era quella, poi anticipata al 31 agosto).
L’attentato ha così smontato ogni possibile narrazione vittoriosa da parte di Washington. E, proiettando tale quadro sul voto di midterm, in caso di riconquista del Congresso da parte dei Repubblicani porterà all’apertura di una stagione di battaglia parlamentare simile a quella che i Democratici fecero durante la presidenza Trump. Reggere altri tre anni e mezzo di presidenza in queste condizioni sarà difficile.
Sul piano internazionale, in appena sette mesi Biden è riuscito a incrinare l’autorevolezza della sua presidenza di fronte agli alleati, che sconsigliavano il ritiro dall’Afghanistan in estate e avevano timori di un collasso dell’esercito afgano di fronte all’avanzata dei talebani che andava avanti da settimane. Il presidente che doveva riavvicinare le due sponde dell’Atlantico in realtà le ha allontanate.
