25 contro 2

Dopo gli attriti in piena crisi energetica tra Parigi e Berlino, l’asse franco-tedesco torna a dominare in Europa. Non ci sarebbe nulla di male se questo servisse ad accelerare decisioni di interesse comune, come era stato per il Recovery Fund. Ma oggi non sembra questo il caso. Al Consiglio Ue c’è accordo su Ucraina e migrazioni, ma sui temi economici si va verso un compromesso che non convince.

25 contro 2

All’ultimo vertice dei leader comunitari riuniti a Bruxelles il 9 febbraio, il Consiglio europeo ha frenato sull’invio (in tempi brevi) di aerei da guerra in Ucraina, ma ha confermato il pieno sostegno a Kiev dal punto di vista finanziario e militare. Ma è intorno agli altri temi oggetto dell’incontro, migranti ed economia, che si è focalizzato il dibattito tra i capi di stato e di governo dei 27, anche se il grosso delle decisioni è stato rinviato al prossimo Consiglio di marzo.

In quello appena concluso si sottolinea pertanto la necessità di attribuire maggior attenzione al controllo e alla protezione delle frontiere. I 27 hanno inoltre raggiunto una soluzione di compromesso (flessibilità sull’uso dei fondi esistenti da un lato, e aiuti di stato più rapidi ed estesi dall’altro) in merito alla risposta europea per l’Inflation Reduction Act (IRA) del governo statunitense, ovvero il maxi pacchetto da 370 miliardi di dollari di sussidi pubblici ‘green’ messi in campo da Washington per sostenere le industrie americane. Una decisione che preoccupa gli alleati europei, che temono una fuga di aziende, allettate dai sussidi, verso gli Usa.

L’Ue ha dunque deciso di puntare su un mix di aiuti di stato e fondi comunitari. In altre parole, la necessità di rendere più competitive le imprese europee dovrebbe portare a una deroga da uno dei principi cardine dell’Ue che vieta ai paesi membri di sostenere con finanziamenti e sgravi fiscali le proprie aziende private.

La decisione però rischia di avvantaggiare i paesi più ricchi e con maggiori possibilità di spesa. Perciò, e per evitare il rischio di una frammentazione del mercato unico, si è deciso di aumentare “la flessibilità dei fondi europei, per garantire un accesso equo ai mezzi finanziari” e ridurre le disparità tra le capacità di spesa dei paesi dell’Unione.

Il compromesso sugli aiuti di stato però non piace a tutti: nelle scorse settimane, 13 Stati membri (tra i quali l’Italia) hanno espresso i loro dubbi in merito ai possibili squilibri nel mercato unico in favore di Francia e Germania. Il timore comune è che per scongiurare una guerra commerciale con gli Stati Uniti se ne inneschi una sui sussidi all’interno dell’Ue. Una sorta di lotta 25 contro 2: sulla carta sembra non esserci storia, ma le prime due economie dell’Unione (forti sostenitrici della proposta di allentamento delle norme sugli aiuti di Stato) pesano eccome: producono 7 trilioni di Pil annuo messe insieme; il totale dell’Ue è 17.

Berlino e Parigi cercano così di rinsaldare l’asse franco-tedesco. Non ci sarebbe nulla di male se questo servisse ad accelerare decisioni di interesse comune, come era stato ad esempio per il Recovery Fund. Ma oggi non sembra questo il caso. 

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