
Mentre Bruxelles applicava sanzioni alla Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina, alcuni oligarchi russi incassavano fondi pubblici direttamente dall’Unione. Secondo un’inchiesta di IrpiMedia, ben otto aziende agricole di proprietà (o riconducibili) a magnati russi attivi in Toscana hanno ricevuto oltre un milione di euro in fondi europei nell’ultimo decennio. Una contraddizione che ha il sapore dell’ipocrisia.
Vigneti di pregio e milioni pubblici
Le tenute in questione non sono aziende agricole qualsiasi: si tratta di vigneti di pregio tra Bolgheri, la Val d’Orcia e la Maremma, territori simbolo dell’eccellenza enologica italiana. Tra i beneficiari c’è anche l’uomo che gestisce le ricchezze di Dmitry Medvedev, ex presidente ed ex primo ministro russo, oggi fedelissimo di Vladimir Putin.
Sanzioni ignorate, controlli mancanti
Nonostante le sanzioni europee vietino di erogare fondi a soggetti sanzionati, l’Italia non ha applicato correttamente le norme Ue: le aziende, grazie a società intermediarie e strutture societarie opache, hanno continuato a ricevere contributi senza ostacoli. Secondo IrpiMedia, si tratta di una falla nel sistema di controlli e trasparenza che rischia di mettere in discussione la credibilità del meccanismo europeo dei finanziamenti agricoli.
La beffa dell’invasione: Mosca guadagna, Kiev combatte
Mentre milioni di euro vengono stanziati per sostenere l’Ucraina, altre risorse finiscono indirettamente nelle tasche di chi ha contribuito al conflitto (secondo la visione occidentale dominante), attraverso investimenti nella terra del Brunello e del Bolgheri. È una beffa amara per l’Unione Europea, che rischia di finanziare — seppur involontariamente — proprio quei soggetti che le sue sanzioni vorrebbero colpire.
Il caso europeo che parte dalla Toscana
L’inchiesta si inserisce in un contesto più ampio: la presenza discreta, ma ben radicata, dei capitali russi nei settori del lusso e dell’agroalimentare europeo. Toscana, Francia e Spagna sono da anni meta di investimenti miliardari da parte di oligarchi vicini al Cremlino. E mentre si moltiplicano le promesse di trasparenza e tracciabilità, i fondi pubblici continuano a fluire senza filtri apparenti.