L’Esercito statunitense perde pezzi

Vent’anni di sconfitte in guerre inutili hanno reso i militari meno appetibili, nonostante i generosi incentivi economici offerti in questi ultimi anni. Non è un fatto pecuniario, bensì identitario

L’Esercito perde pezzi

Nel 2022, l’Esercito degli Stati Uniti avrà 10 mila soldati in meno, 466 mila invece di 476 mila. E nel 2023 si aspetta di averne 445-452 mila. La riduzione è dovuta alle difficoltà di reclutamento: a due mesi e mezzo dalla fine dell’anno fiscale, è stata arruolata soltanto la metà delle 60 mila unità previste.

Il fenomeno riguarda anche tutti gli altri corpi militari della prima economia al mondo. Il fatto ha un peso visto che la disponibilità a servire sotto le armi è uno dei criteri utilizzati per stabilire lo stato di salute di una potenza. Non solo meno giovani vogliono arruolarsi, ma le istituzioni statunitensi li considerano inadatti: negli ultimi anni, il Pentagono stima che gli americani tra i 17 e i 24 anni con i requisiti fisici, mentali e morali per entrare nelle Forze armate siano soltanto il 25-30%.

Le cause della crisi del reclutamento sono molteplici. Tra questi, la disoccupazione è ai minimi storici (3,6%) e il settore privato offre di meglio. In realtà, ci sono fattori ancora più profondi. Le Forze armate, come altre istituzioni americane (le università), hanno visto ridursi il loro ruolo di ascensore sociale. Ma le forti divisioni sociali degli ultimi anni hanno avuto l’effetto di disincentivare il ricambio nelle élite.

Ciò ha avuto un riverbero sui militari, popolati nei bassi ranghi da americani del Sud e ispanici, poco graditi i primi alle élite costiere e i secondi ai bianchi nativisti. I veterani nelle università, numerosissimi nel dopoguerra, oggi sono rarità assoluta. Il tutto è amplificato da una forza armata di soli professionisti, lontana dal resto della società.

Inoltre, vent’anni di sconfitte in guerre inutili hanno reso i militari meno appetibili, nonostante i generosi incentivi economici offerti in questi ultimi anni. Non è un fatto pecuniario, bensì identitario.

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