Gli occupati aumentano da 10 anni. Ma è un’illusione ottica: salgono solo i part-time

Cosa ci racconta il tasso di occupazione (e soprattutto cosa non ci dice)

Gli occupati aumentano da 10 anni. Ma salgono solo i part-time

Il lavoro da tempo non è più una certezza, e l'aumento dei posti di lavoro registrato negli ultimi anni si è ampiamente rivelato un bluff: rispetto al 2007, nel 2018 si contano 321.000 occupati in più, in realtà c'è stata una riduzione di 867.000 occupati a tempo pieno e un aumento di 1,2 milioni di occupati a tempo parziale. Nel periodo 2007-2018 il part time è aumentato del 38%. E spesso si tratta di part-time involontario.

Ma nel tasso di occupazione calcolato dall’Istat non viene colta tale distinzione. L’Istituto adotta la seguente definizione. 

“Gli occupati: comprendono le persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento

• hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura;

• hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente;

• sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi, oppure se durante l’assenza continuano a percepire almeno il 50 per cento della retribuzione. Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di assenza, mantengono l’attività. I coadiuvanti familiari sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi”.

Ecco perché occorre prestare molta attenzione quando si analizzano i dati statistici. E, laddove, possibile integrarli con altre informazioni. Come ad esempio il numero di ore lavorate.

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